
La Corte Suprema di Washington inizia la sua settimana più lunga con unverdettosull’immigrazione favorevole alle posizioni di BarackObamamairepubblicani di Mitt Romney contano su un rapido riscatto sulla riforma della Sanità. Bocciando tre quarti della legge anti-clandestini dell’Arizona i giudici consegnano alla Casa Bianca due solidi argomenti elettorali. Primo: la competenza sull’immigrazione è del governo federale e non degli Stati, come invece sostengono il Tea Party, Mitt Romney e una folta pattuglia di governatori conservatori sostenitori di una linea dura contro gli illegali che va dagli arresti alle espulsioni.
Secondo: la parte della legge dell’Arizona non respinta, relativa alla possibilità della polizia di chiedere a chiunque di mostrare i documenti di identità, è contestata dalla Casa Bianca che farà di tale opposizione un cavallo di battaglia elettorale sul terreno dei diritti civili, al fine di mietere voti fra gli ispanici. Sebbene la governatrice dell’Arizona Jan Brewer, fautrice della legge, affermi di non aver perduto e Romney tenti di sfruttare la sentenza per imputare alla Casa Bianca la perdurante assenza di un’ampia riforma, i veri vincitori della battaglia giudirica sull’immigrazione sono le centinaia di manifestanti ispanici che da giorni assediano a Phoenix, proprio Arizona, la “città delle tende” dove lo sceriffo Joe Arpaio ha rinchiuso migliaia di illegali, sottoponendoli a temperature proibitive al punto da fargli desiderare l’immediata espulsione.
La sovrapposizione fra la decisione della Casa Bianca di bloccare le espulsioni di 800 mila giovani clandestini e la sentenza della Corte Suprema suggerisce che le istituzioni dello Stato federale sono accomunate dalla volontà di un maggior rispetto per «chi è arrivato in questa nazione superando oceani e deserti» come ha scritto il giudice Anthony Kennedy nella sentenza. Ed è un’atmosfera che consente a Barack Obama di sperare che nelle urne di novembre a pesare non sia solo l’economia in stallo ma anche l’immigrazione ispanica. La Casa Bianca tuttavia preferisce non esultare, incassa il successo moderando i toni e con un profilo basso. Si comporta come se fosse nell’intervallo di un match in due tempi perché sa che è in arrivo dalla Corte Suprema la sentenza sulla costituzionalità della riforma della Sanità che potrebbe riservarle amare sorprese.
Quanto avvenuto nel dibattito in aula lascia infatti supporre che sulla sanità la maggioranza dei giudici abbia dubbi sulla costituzionale dell’obbligo individuale alla copertura medica, perno della riforma. In attesa di questo secondo verdetto, è comunque possibile già trarre una conclusione: la suspense con cui l’America intera attende ogni singolo giorno lo scoccare delle 10 del mattino ora di Washington, quando vengono pubblicate le sentenze, suggerisce come tanto il Team Obama quanto il Team Romney sentono di aver bisogno del timbro di legittimità bipartisan che oramai solo la Corte Suprema può garantire.
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