
Assicura Franco Ionta che entro il 2012 nelle carceri italiane «ci saranno circa 4.000 posti nuovi». E spiega che quella sulle camere di sicurezza è «una misura di civiltà giuridica». Il punto di vista espresso ieri dal capo del Dipartimento della amministrazione penitenziaria è, evidentemente, tutt'altro rispetto a quello espresso giorni fa dal vice capo della Polizia, il quale, con i rilievi mossi al decreto carceri, aveva provocato l'irritazione del Guardasigilli. Questa volta a via Arenula hanno tutte le ragioni per essere sollevati e, però, Ionta ha dovuto ammettere lo scandalo delle decine di carceri fantasma, quelle costruite e mai utilizzate, e quelle dimesse, per di più spiegando che ormai rimetterle in funzione costerebbe troppo. Uno scandalo nello scandalo.
Un po' come la storia del carcere di Arghillà, a Reggio Calabria: inutilizzato perché manca la strada per arrivarci. Si tratta di una storia paradossale ed emblematica, denunciata da tempo, insieme a molte altre, dalla associazione Antigone e della quale proprio ieri questo giornale aveva dato conto, facendo il punto sull'emergenza carceri. Ebbene, ieri Ionta, ascoltato in commissione Giustizia al Senato in vista della approvazione del decreto svuota-carceri, ci è tornato, parlandone come di un «problema serio», anzi: «Veramente uno scandalo». E ha spiegato: «Le prime operazioni per la costruzione di questo carcere risalgono agli anni '80. Secondo alcuni calcoli la struttura è già costata 8090 milioni di euro ma deve essere necessariamente rifunzionalizzata, perché gli impianti sono precedenti alla legge del 2000». Appunto: uno scandalo nello scandalo. E non è l'unico.
In Italia, ha detto Ionta, ci sono, «39 case mandamentali dismesse da oltre 15 anni». In tutto, garantirebbero 832 posti. E, però, riattivarle «sarebbe diseconomico e non vantaggioso». E questo perché non più rispondenti alle norme in vigore. Come dire: non soltanto sono stati gettati al vento denari per realizzarle ma le lungaggini hanno fatto sì che la loro esistenza sia ormai del tutto inutile per lo scopo per il quale erano state progettate, pur essendo state terminate. E non è ancora tutto: pure volendo rimetterle in funzione, «per gestirle - ha osservato ancora Ionta - ci vorrebbe il personale». Che, però, manca.
È una osservazione, questa, che tornerebbe buona come obiezione alle teorie secondo le quali la soluzione al sovraffollamento delle carceri risiederebbe soltanto nella edificazione di nuove strutture. Invece, le strade praticabili potrebbero essere altre, a partire dal superamento della «monocultura del carcere», come spiegava ieri su queste pagine Stefano Anastasia di Antigone, per non dire delle tante riflessioni che da anni si fanno sulla possibile introduzione nell'ordinamento di misure deflative a partire dalla sperimentazione di misure alternative al carcere sino alla depenalizzazione di alcune condotte.
Di tutto ciò, peraltro, c'è traccia anche nel lavoro delle commissioni che hanno provato a riformare i codici. E, però, poi la realtà è un'altra e si deve fare i conti con marchingegni kafkiani come quello rappresentato dalla legge Fini-Giovanardi e dalla ex Cirielli: la prima ha aumentato in modo massiccio gli ingressi in carcere, la seconda, con la revisione delle norme sulla recidiva, ha reso molto più difficile le uscite. Così le carceri esplodono. Anche questo paradosso viene denunciato dalle associazioni. La risposta delle istituzioni all'emergenza, però, è soprattutto una: l'edilizia, appunto.
Altra storia è quella dell'uso delle camere di sicurezza in alternativa al carcere, così come previsto dal decreto del governo il quale, però, proprio su questo punto appare destinato a subire profonde modifiche. Come annunciato, ci si potrebbe orientare verso la carcerazione domiciliare. La Severino non si è detta contraria. Ieri, comunque, Ionta ha difeso la norma sulle camere di sicurezza. Si ricorderà che, invece, il vice capo della Polizia Francesco Cirillo aveva criticato la norma, sottolineando la carenza di strutture e di personale necessario per applicarla. «Capisco la resistenza delle altre forze di polizia ma, se ognuno si arrocca, il carcere diventa un ricettacolo delle deficienze di tutto il sistema, e questo è intollerabile», ha risposto Ionta il quale, invece, non si è voluto esprimere sulla ipotesi di amnistia sulla quale anche ieri è tornato a battere il leader dei Radicali Marco Pannella.
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