
La benzina tocca un altro record: media nazionale per la verde a 1,747 euro, che diventano 1,813 euro in qualche pompa del centro Italia, e diesel ormai sopra la soglia di 1,7 euro. Il muro dei due euro non sembra più un miraggio. E, anche per questo, sembra diventato urgente un intervento di liberalizzazione del settore della distribuzione, come ha confermato anche ieri il sottosegretario alla presidenza Catricalà, secondo cui «entro il 20 gennaio ci sarà un decreto legge». Liberalizzazioni anche nel settore dei carburanti per eliminare tutte le criticità che, oltre al carico fiscale, fanno del nostro carburante il più caro d'Europa.
La prima causa di cattivo funzionamento del sistema italiano di distribuzione è il numero troppo alto di punti vendita. L'Antitrust lo ha detto parecchie volte. Rispetto ad altri Stati membri dell'Unione europea siamo sovradimensionati.
In Italia, secondo i dati del ministero dello Sviluppo economico, ci sono 24mila pompe di benzina; in Francia sono 16mila, in Germania 15mila. «Una rete costituita da una molteplicità di impianti di dimensione molto ridotta - spiega l'Autorità nella sua relazione annuale 2011 - condiziona negativamente il livello dei prezzi». In sostanza, il mercato è stato regolamentato per anni in maniera scorretta, senza tenere in considerazione le economie di scala: adesso ci troviamo con decine di distributori che erogano pochissimo carburante e sono, per questo, costretti ad aumentare i loro margini sul singolo litro. Abbattere il numero delle pompe significherebbe moltiplicare per quelli che restano la quantità di carburante venduto. La seconda grande questione è quella dei distributori self service. Su questi, infatti, non pesano i costi del personale e i vincoli di orario: consentono, quindi, un'offerta più flessibile. La rete italiana, guardando alla presenza di distributori self service, è nettamente la peggiore in Europa. Secondo i dati dell'Unione petrolifera, i self hanno mediamente un'incidenza del 90 per cento in tutta l'Ue. Ovunque, tranne che da noi, dove sono appena 22mila, solo il 28% del mercato.
Il terzo problema riguarda la politica dei prezzi ed è stato oggetto di vari richiami dell'Antitrust. Attualmente, il sistema è molto rigido ed è basato sui prezzi raccomandati: in pratica, la compagnia petrolifera stabilisce un prezzo unico a livello nazionale. A quel punto, al gestore è lasciato un margine di manovra limitato, nell'ordine di un centesimo al litro. Il rimedio sarebbe quello di consentire ai gestori maggiore libertà nel negoziare i contratti. Una questione alla quale sono collegate anche le 'pompe bianche', la rete di circa mille distributori nata con una legge del 2008 e slegata da vincoli con le grandi multinazionali del settore. Una libertà che consente a questi piccoli imprenditori di tenere prezzi più bassi. Aumentare la loro presenza sul territorio potrebbe essere un altro rimedio per raffreddare i prezzi. Infine, c'è il carburante 'non oil': gas metano e gpl. I punti vendita sono ancora troppo pochi: soprattutto per il metano, al momento, poche centinaia. Trattandosi di carburanti più economici e più ecologici un loro aumento, tramite incentivi, potrebbe spingere verso il basso i prezzi.
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