
Rebibbia, 31 dicembre 2012. Mentre arrivo in macchina, un’ambulanza esce dal carcere a sirene spiegate. Capirò dopo il perché. In carcere a Capodanno non si fanno brindisi con lo spumante, solo con il caffè ,offertoci da dietro le sbarre dai detenuti, come è capitato a noi. Volti e sorrisi stentati, di immigrati, di tossicodipendenti, di povera gente in attesa di giudizio, che normalmente vive ai margini della nostra società. Storie di chi sta in carcere per scontare una pena di due mesi (invece che fare un lavoro socialmente utile), o di chi aspetta da cinque mesi un’operazione ad un orecchio che fa male. Cinque mesi con un orecchio che fa male, pensiamoci un attimo. Storie di un kosovaro di Mitrovica, dove esistono ancora i soldati italiani della Nato, che mi racconta di un giornalista italiano che durante la guerra si travestiva da “albanese” in mezzo ai profughi in fuga da Milosevic, per meglio raccontare al mondo quelle atrocità: era Antonio Russo di Radio Radicale, poi ucciso mentre seguiva la guerra in Cecenia. O la storia di un ragazzo che non riesce a parlare con la madre in Romania perché non sa che per chiamare un numero di cellulare si deve fare la domanda.
Visi stanchi, non solo perché alle 23 si chiudono le celle e ci si stende in branda, anche a capodanno, e molti si sono alzati dal letto per farci gli auguri, ma perché la speranza sembra essere sparita da quegli occhi, troppo spesso annebbiati da anni di abuso di droghe e che il carcere spegne ancora di più. Poco prima che arrivassimo un detenuto tossicodipendente ha ingoiato 4 lamette da barba. È stato ricoverato in ospedale con l’ambulanza che ho visto arrivando. L’ispettore Giannelli gli aveva parlato pochi minuti prima, sembrava si fosse tranquillizzato, poi, invece, l’ennesimo disperato gesto per solitudine e abbandono. Mentre si avvicina la mezzanotte, dagli spioncini vedo i detenuti arrampicarsi, come bambini, alle finestre con le sbarre per cercare di vedere, non solo sentire, i botti e i fuochi d’artificio. Un ragazzo senegalese tira fuori un sorriso: io sto bene, cerco solo di non pensare a lì fuori. Adriano Sofri ha raccontato molto bene cosa significa passare le festività in carcere. Anche una stretta di mano, un sorriso, qualche sigaretta possono cambiare la notte o la giornata di un detenuto. Solo questo abbiamo fatto, oltre che cercare di ascoltare. L’ho fatto anche a Natale a Sollicciano, dove in alcune celle piove sui letti e dove l’umidità fa venire la bronchite anche ai bambini delle detenute che, senza nessuna colpa, vivono dietro le sbarre. Da quasi tutti i detenuti è venuto un gesto: portarsi una mano sul cuore quando chiedevano della salute di Pannella, e poi un sospiro quando sentivano che la sua vita non è più a rischio, per ora. Lo ha fatto anche Totò Cuffaro, che in questi giorni ha costruito con gli altri detenuti un bel presepe di cartapesta e ritagli di giornale con le facce dei politici, dove Gesù Bambino è dietro le sbarre con la coperta marcata “Polizia penitenziaria”. Due giorni fa il magistrato di sorveglianza non gli ha consentito di assistere ai funerali del padre.
Grazie all’ispettore Giannelli che da 29 anni passa le feste con quella che ha definito la sua famiglia, e che ci ha accompagnato in questo viaggio. La giustizia non è giusta in Italia, ma è grazie a persone come queste se il nostro Paese riesce ancora ad andare avanti, chissà ancora per quanto, anche quando l’illegalità è divenuta la norma. Siamo potuti entrare in carcere perché deputati; è probabile che tra qualche settimana non ci saranno più parlamentari radicali in parlamento, com’è invece avvenuto per gran parte della storia repubblicana. Ci sarà, invece, il Movimento di Beppe Grillo, che descrive queste carceri come centri di bellezza, e forse anche il dottor Ingroia, il nuovo interprete della vecchia tradizione giustizialista. Se i diritti degli ultimi non potranno più essere fatti valere nelle istituzioni italiane, grazie al decennale impegno dei radicali, a soffrirne, ne sono certo, sarà non solo la cultura politica dl nostro paese, ma tutta la società.
Buon 2013 a tutti.
© 2013 Europa. Tutti i diritti riservati