
Gentile signora Ministro Beatrice Lorenzin, qualche settimana fa, a Roma, un importante convegno, promosso dalle associazioni Luca Coscioni e A Buon Diritto, ha affrontato il delicatissimo tema dell’uso terapeutico della cannabis. O meglio, del suo mancato uso, pure in presenza da tempo di una normativa che lo consentirebbe. A ostacolare il ricorso ai farmaci cannabinoidi sono resistenze di diversa natura: lentezze amministrative e pregiudizi culturali, macchinosità burocratiche e diffidenze del personale sanitario. Nella sua lettera inviata al convegno, lei ribadisce quanto già dichiarato. Ovvero che in Italia la cannabis è già utilizzabile, al pari degli oppiacei, per motivi farmacologici e terapeutici. E tuttavia, il convegno ha evidenziato che nell’intero 2013 appena 40 pazienti hanno potuto far ricorso a quei medicinali. E la ragione risiede tutta nella tortuosità della procedura di accesso.
Questo il percorso: medico curante, farmacia ospedaliera, ministero della Salute, mercato estero, ancora farmacia ospedaliera, e, infine, paziente. Dunque, una procedura farraginosa e irta di ostacoli e blocchi che spesso ritarda di molti mesi l’inizio della terapia. Contribuiscono a ciò, e in misura rilevante, la disinformazione del personale sanitario e le resistenze che tuttora condizionano la classe medica nella scelta di prescrivere quella tipologia di farmaco. Da qui l’urgenza di adottare alcune misure necessarie a rendere l’erogazione dei farmaci più rapida e meno costosa. Misure che riguardano l’informazione di medici e pazienti sulla possibilità di ricorrere a tale terapia, modalità semplificate di prescrizione e possibilità di produzione sul territorio nazionale. Il ministero, di conseguenza, dovrebbe fornire a medici e farmacisti una specifica informazione; e predisporre, sul proprio sito internet, un’apposita sezione, magari corredata da un servizio telefonico, per garantire ai pazienti una consulenza e un supporto adeguati. Ancora, occorrerebbe semplificare le modalità di prescrizione, esattamente come già avviene per i medicinali a base di oppiacei, prevedendo la possibilità di somministrazione dei medicinali cannabinoidi per il trattamento del dolore severo, indipendentemente dalla sua natura, e non solo per alcune patologie.
Fatta salva la necessità di condurre opera di informazione, conoscenza e semplificazione, si devono in via prioritaria superare le difficoltà determinate dall’importazione dei farmaci, consentendone la produzione in Italia. Ciò permetterebbe una più agevole disponibilità degli stessi, una reperibilità più immediata e costi notevolmente ridotti. La soluzione da me proposta, e che ha già avuto la convinta approvazione del ministero della Difesa, prevede la possibilità di incaricare lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze di produrre medicinali cannabinoidi per i pazienti italiani. Ed è per questo, signora Ministro, che mi rivolgo a lei, con la speranza che, d’intesa con il ministro della Difesa, si accelerino le procedure necessarie a intraprendere la produzione di quei farmaci cannabinoidi all’interno dello Stabilimento chimico farmaceutico di Firenze. È la risposta che si deve alle migliaia di pazienti italiani oggi costretti in una condizione umiliante, tra la mortificazione di sofferenze non lenibili e l’illegalità del ricorso al mercato nero. Infine, per rispetto verso quel valore del dialogo che è fondamento della democrazia, voglio esporle il punto di maggior dissenso tra noi. Non riesco proprio a comprendere perché nella sua lettera lei abbia dedicato tanto spazio alla questione dell’uso ricreativo della cannabis. Nel corso del convegno non vi abbiamo fatto il minimo cenno. Sono stati trattati, invece, i possibili effetti benefici dell’uso terapeutico di quella pianta. Dunque, da parte sua insistere tanto sulla contrarietà all’uso ricreativo mi è sembrato - se posso permettermi - improprio.
Come se il ministro dell’Agricoltura, invitato all’inaugurazione di Vinitaly a Verona, tenesse una lunga dissertazione sui possibili effetti (anche mortali, come si sa) del consumo di alcol. Ultima questione, solo apparentemente di dettaglio e di linguaggio: lei continua a parlare di "liberalizzazione" e a dirsi totalmente e incondizionatamente contraria. Ma è certa che stiamo parlando della medesima cosa? Un vero e proprio regime di liberalizzazione, sia pure illegale, è quello che domina oggi in Italia. Ovvero, la possibilità per chiunque, a qualunque ora del giorno e della notte, in qualunque via o piazza di qualunque città di rivolgersi a uno degli innumerevoli esercizi commerciali (illegali) per acquistare una qualsivoglia sostanza. In alternativa a questo io ho sempre parlato di legalizzazione. Ovvero di un sistema di regolamentazione di produzione, commercio e distribuzione della cannabis e dei suoi derivati, attraverso un meccanismo di concessioni e di vincoli, di controllo e fiscalità. Un sistema, cioè, perfettamente uguale a quello che regolamenta sostanze altamente nocive (certamente più nocive della cannabis) come l’alcol e il tabacco. Quando vorrà, signora Ministro, sarò lieto di poterne discutere con lei.
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