
Un documento firmato da trecento detenuti del carcere di Buoncammino denuncia la condizione “disumana” che si vive nel penitenziario cagliaritano.
Hanno firmato in trecento la lettera, annunciando lo sciopero del carrello: i detenuti del carcere di Buoncammino dal 25 maggio rinunceranno al vitto fornito dall’amministrazione penitenziaria. Una protesta, fanno sapere i carcerati, che proseguirà “fino a quando riusciremo ad andare avanti”.
La lotta scatterà in concomitanza con la giornata in cui si terrà la manifestazione nazionale contro il carcere, il 41 bis, la differenziazione e l’isolamento. “Vogliamo far sapere a tutto il mondo esterno”, scrivono i detenuti (tra le trecento firme quelle di carcerati sardi, della Penisola e stranieri in una battaglia comune), “la realtà della tortura istituzionale dell’apparato della giustizia che tutti i detenuti stanno subendo”.
Una denuncia contro “il regime di tortura del 41 bis” da cui si può uscire solo “diventando collaboratore di giustizia con la logica del ricatto”. Poi scatta un lungo elenco dei tanti problemi specifici del carcere di Buoncammino: “sovraffollamento, malattie derivanti dalla detenzione, atti di autolesionismo e gli omicidi di stato (suicidi) conseguenza dell’oppressione penitenziaria”.
“Ci tengono chiusi 21 ore al giorno senza far niente”, prosegue la lettera - denuncia, “con carenza igienico sanitarie mentre la struttura cade a pezzi come accaduto qualche giorno fa con il crollo di un pezzo di ballatoio al secondo piano del carcere”. Una protesta pacifica, spiegano i detenuti. Ma si riservano “di intraprendere altre forme di sciopero”.
Ricordando che il Tribunale di Strasburgo ha “più volte sanzionato e definito le carceri italiane come luoghi di tortura”. Il comunicato è stato inviato a tutte le associazioni e gruppi che aiutano le battaglie dei detenuti, al presidente della Repubblica, al ministro della Giustizia, al provveditorato regionale e al sindaco di Cagliari. [3]
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