
La scelta non è discreta, nascosta magari in un editoriale o cifrata in un commento. Ma piena, gridata in apertura, squadernata nel primo piano: «Il Grillo furioso perde voti». Già. E la notizia è che a registrare questo smottamento non è un quotidiano qualsiasi, ma il Fatto quotidiano.
Così come già era successo con Michele Santoro, altro fuoco amico nei confronti del comico genovese che stavolta non se la prende con la casta o la destra, ma con i suoi, mettendo all’indice i ribelli, epurando i dissidenti. E il Fatto si regola di conseguenza: «Il comico non fa più ridere», «furore leninista», «puzza di paura », «nervi tesi» e «il consenso che vacilla». Addio, Fatto a cinque stelle. Anche se poi il grillismo del quotidiano di Padellaro e Travaglio era, in realtà, più di target che di cuore, legato ai lettori del giornale piuttosto che agli elettori di M5S. Un po’ come Repubblica per l’area della sinistra, il Fatto si autopercepisce come egemone per un mondo che incrocia movimento, malcontento, giustizialismo. E, da oggi, un po’ meno Grillo.
© 2012 Europa. Tutti i diritti riservati