
Stefano Cucchi è morto per l’eccessiva burocrazia dei sanitari dell’ospedale "Pertini" e per la grave omissione di alcuni medici che, per paura o per negligenza, non hanno trasmesso i referti all’autorità giudiziaria: è quanto emerso dalla conferenza stampa che ieri il Comitato per la verità su Stefano Cucchi ha tenuto ad un mese dalla misteriosa morte del giovane geometra. All’incontro, indetto a seguito della visita ispettiva al reparto detentivo del nosocomio da parte di alcuni parlamentari, hanno partecipato la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, Luigi Manconi, presidente dell’associazione "A Buon Diritto" e coordinatore del Comitato, e i parlamentari Rita Bernardini, Guido Melis, Renato Farina e Melania Rizzoli (al comitato aderiscono anche Emma Bonino, Stefano Ceccanti, Anna Paola Concia, Marcello De Angelis, Silvia Della Monica, Paola Frassinetti, Guido Melis, Flavia Periva, Walter Tocci e Jean-Leonard Touadi). Ma nel caso Cucchi è entrato prepotentemente anche il contenuto della puntata del programma televisivo "Matrix", dal quale sarebbero emerse responsabilità dei carabinieri della caserma di Tor Sapienza nel pestaggio dei giovane. «La nostra impressione è che nell’area detenuti dell’ospedale "Sandro Pertini" la burocrazia si affermi sulla ragione umana e sul buonsenso. È il burocratismo una delle ragioni della morte di Stefano Cucchi». È quanto ha detto Guido Melis, che ha riconosciuto come, sebbene sotto organico, la struttura sia «più che dignitosa e mediamente molto pulita». Ma ci sono punti poco chiari - ha spiegato - in particolare «il tempo che trascorre tra la morte di Cucchi e l’avviso alla famiglia, per cui non ci sono state date spiegazioni convincenti», e «il mancato accesso dei parenti alle informazioni sullo stato di salute di Stefano». Il giovane in ospedale è stato lasciato morire, è stato «un caso di abbandono terapeutico» e di «profonda sottovalutazione del suo stato fisico», ha denunciato Luigi Manconi. Inoltre «è stato violato uno dei suoi fondamentali diritti umani, quello di difesa. Esistono ben due documenti, firmati da un medico, di cui uno anche poche ore prima della morte, nel quale si attesta che Stefano si sarebbe rifiutato di assumere cibo e acqua finché non avesse parlato con il suo avvocato. Atteggiamento, si legge, che avrebbe tenuto dall’inizio della sua degenza al "Pertini". È l’evidente confessione da parte dei sanitari che il suo rifiuto di alimentarsi era una forma di protesta». «Nel corso del suo calvario dal tribunale all’ospedale "Pertini" Stefano Cucchi è stato visitato e refertato almeno sei volte. Tutti i medici hanno riscontrato ecchimosi e lesioni ma nessuno ha avvertito l’autorità giudiziaria. Perché?». È quanto si chiedono Rita Bernardini e Melania Rizzoli facendo capire che nessuno di questi medici ha avuto il coraggio (oltre che l’obbligo) di inoltrare il proprio referto all’autorità giudiziaria. «In genere - ha aggiunto la Bernrdini - da parte dei medici c’è anzi un eccesso di scrupolo nel riportare eventuali lesioni all’autorità giudiziaria. In questo caso, niente». «Lo stato di salute di Stefano Cucchi è stato sottovalutato - ha aggiunto la Rizzoli - Non è stato ritenuto in pericolo di vita e, cosa ben più grave, non è morto tra i medici che cercavano di rianimarlo. È stato trovato morto dagli infermieri. È stato sottoposto a tecniche rianimative, che in caso di morte recente su un uomo di 31 anni sono efficaci. Il che ci fa supporre che sia morto almeno un’ora prima delle 6, l’ora in cui è stato accertato il decesso». Per quanto riguarda l’inchiesta giudiziaria sarà risentito dai pubblici ministeri l’agente di polizia penitenziaria che, nell’intervista andata in onda martedì sera nel corso del programma televisivo "Matrix" su Canale 5, ha citato, tra l’altro, una frase pronunciata da Cucchi il 16 ottobre scorso durante il tragitto dal tribunale al carcere di Regina Coeli («La scorsa notte ho avuto un incontro di pugilato») alla quale i detenuti avrebbero risposto ironicamente: «Nell’incontro tu hai fatto la parte del sacco». Tale versione farebbe pensare che il pestaggio potrebbe essere avvenuto nella caserma dei carabinieri di Tor Sapienza la notte precedente, quella tra il 15 ed il 16 ottobre, ma non corrisponde a quanto verbalizzato dallo stesso agente nell’audizione davanti ai pm Vincenzo Barba e Francesca Loy del 10 novembre scorso. In quell’occasione, parlando del trasporto dei detenuti dopo la convalida dei fermi, la guardia ha raccontato che Cucchi gli chiese: «C’è una palestra a Regina Coeli?». L’agente, interpretando la domanda come una battuta - è scritto nel verbale - rispose: «Ma quale palestra vuoi fare! Pesi 30 chili». Poi, notando che il giovane era in cattive condizioni, come se fosse stato pestato, chiese a Cucchi: «Cosa ti è successo?», e quest’ultimo rispose: «Sono caduto dalle scale». Fu a questo punto - aveva dichiarato l’agente ai magistrati che uno dei detenuti commentò: «Ha fatto la parte del sacco in un incontro di pugilato».
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