
Un'impiegata dell'ospedale Sant'Orsola di Bologna ha lavorato sei giorni in nove anni. Nel lasso di tempo fra uno sforzo e l'altro è rimasta a casa in malattia o in maternità: immaginaria, dato che figli non ne ha, benché abbia finto di registrarne all'anagrafe almeno un paio. Ammettiamo pure che rappresenti un caso isolato. Ma chi gli stava attorno cosa rappresenta? Prima dell'intervento dei carabinieri nessun collega aveva denunciato la truffa o la sparizione della donna, e non per giorni o per mesi: per anni. Nessun superiore aveva disposto visite mediche a domicilio: forse non sarebbe stata un'impresa titanica, trattandosi di un ospedale. In compenso medici compiacenti le avevano firmato pacchi di certificati senza mai sottoporla a una parvenza d'esame. E funzionari quanto meno distratti avevano preso per buono il suo stato di famiglia di madre con figli a carico, consentendole di detrarli dalle tasse.
Ciascun lettore vada alla sua esperienza personale e rammenti le situazioni in cui lo Stato gli si è posto dinanzi con la maschera dell'inflessibilità o dell'ottusità. Quanti controlli non richiesti abbia subito e come sia stato difficile nei rapporti con sua maestà il Fisco far valere non i propri torti, ma le proprie ragioni. Ogni volta che la cronaca porta alla ribalta una persona capace di fare lo slalom fra le regole, ci chiediamo come sia possibile che i paletti finiscano sul naso sempre agli stessi. A quelli che non sanno o non vogliono scivolare sopra le crepe di questo sistema butterato dall'omertà e dallo scambio di favori.
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