
«In questo momento in cui la società italiana sta sostenendo numerosi sacrifici economici per superare la crisi finanziaria, è ancora più necessario ribadire la centralità della famiglia fondata sul matrimonio e dirigere verso di essa ogni risorsa finanziaria disponibile, respingendo iniziative come quella del registro delle unioni civili intrapresa dal Comune di Milano». Così il responsabile della Campagna “Voglio Vivere”, Samuele Maniscalco, interviene sull’annunciata costituzione del registro delle unioni civili, prevista dal sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, entro la fine del 2012. «Il sindaco - prosegue Maniscalco – ha inoltre salutato con favore la campagna nazionale “Una volta per tutti” che intende raccogliere le firme per la creazione di un istituto giuridico intermedio per i conviventi attraverso una legge di iniziativa popolare. Sarebbe forse più opportuno che si occupasse dei 135mila poveri che, secondo il “Rapporto sulla città” 2011 della Fondazione Ambrosianeum, vivono nel comune di Milano. Per il 42,4 per cento si tratta di famiglie con figli minori a carico, per il 28,8 per cento sono famiglie composte da un solo genitore. Stupisce inoltre che gli appelli a favore della famiglia, lanciati a giugno da Papa Benedetto XVI, siano evidentemente rimasti inascoltati proprio dall’amministrazione comunale che per cinque giorni è stata “capitale della famiglia” ospitando il VII Incontro Mondiale delle Famiglie». Secondo natura e, aggiungerei, secondo la Costituzione della Repubblica italiana - sottolinea il responsabile di Voglio Vivere - il matrimonio è solo fra uomo e donna, uniti per la procreazione e per l’educazione della prole, oltreché per un vicendevole sostegno fondato sull’amore. Nostro Signore Gesù Cristo ha poi elevato questa istituzione naturale alla categoria di sacramento: per questo, secondo il Magistero della Chiesa, il matrimonio è sacro. I coniugi hanno una altissima missione spirituale, e cioè di partecipare all’opera creatrice di Dio. Perciò la Chiesa ha sempre condannato severamente qualsiasi altro tipo di unione diversa dal matrimonio, come intrinsecamente perversa. L’Associazione Voglio Vivere – conclude Maniscalco - invita associazioni e mondo cattolico ad unirsi ed alzare la voce in favore della sacralità della famiglia». Guido Vignelli, Direttore di Sos Ragazzi, afferma che «pur non avendo valore giuridico, l’istituzione del registro delle coppie di fatto, porta con sé un profondo valore simbolico il cui effetto propagandistico rende questo tipo di azioni pericolosi precedenti che mirano ad ottenere due gravi risultati: abituare l’opinione pubblica a considerare la convivenza come un valore sociale da legalizzare pubblicamente parificandola al matrimonio e stimolare il Governo e il Parlamento ad approvare una legge nazionale che autorizzi questa parificazione». La posizione della Chiesa sul punto è ben nota. Basta citare le conclusioni del Documento su “Famiglia, matrimonio e “unioni di fatto” (del 2000) elaborato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia, la cui responsabilità è stata affidata, da poco, all’ex vescovo Vincenzo Paglia, elevato, nel contempo, dal Santo Padre alla dignità di arcivescovo. «La famiglia – si legge nel testo, ricco di spunti - è un bene necessario e insostituibile per tutta la società. Essa ha un vero e proprio diritto, in giustizia, a essere riconosciuta, protetta e promossa dall’insieme della società. È tutta la società che subisce un pregiudizio quando si attenta, in un modo o nell’altro, a questo bene prezioso e necessario per l’umanità. La società non può restare indifferente di fronte al fenomeno sociale delle unioni di fatto, e al declassamento dell’amore coniugale che implica. La soppressione pura e semplice del problema mediante la falsa soluzione del riconoscimento delle unioni di fatto, collocandole pubblicamente a un livello simile e perfino equiparandole alle famiglie fondate sul matrimonio, non costituisce soltanto un pregiudizio comparativo per il matrimonio (danneggiando, ancor più, la famiglia, questa necessaria istituzione naturale che oggi avrebbe tanto bisogno, al contrario, di politiche familiari vere). Essa denota ugualmente un profondo disconoscimento della verità antropologica dell’amore umano tra l’uomo e la donna e dell’aspetto che le è indissociabilmente legato, quello di essere un’unità stabile e aperta alla vita». E ancora: «Tale disconoscimento diventa ancora più grave quando si ignora la differenza essenziale e molto profonda esistente tra l’amore coniugale derivante dall’istituto matrimoniale e i rapporti omosessuali. L’ “indifferenza” delle amministrazioni pubbliche su questo punto rassomiglia molto all’apatia di fronte alla vita o alla morte della società, a una indifferenza di fronte alla sua proiezione nell’avvenire o al suo degrado. In assenza di misure opportune, questa “neutralità” rischia di sfociare in un grave deterioramento del tessuto sociale e della pedagogia delle generazioni a venire».
© 2012 La Discussione. Tutti i diritti riservati