
04/01/11
Avvenire
Umberto Bossi denuncia di essere stato spiato per mezzo di "cimici" poste nel suo ufficio al ministero delle Riforme e nel suo appartamento romano. E attira su di sé gli strali delle opposizioni quando aggiunge di aver scoperto gli apparecchi trasmettitori ben due mesi fa, ma di non aver denunciato il fatto. «Tanto un’inchiesta non trova niente», si è giustificato. Ma ora, proprio a seguito delle sue dichiarazioni, un’inchiesta, contro ignoti, l’ha aperta la procura di Roma. Ipotesi di reato: installazione illecita di apparecchiature atte a intercettazione comunicazioni telegrafico-telefoniche (articolo 617bis del Codice penale) e cognizione illecita di conversazioni altrui (articolo 617). È notte fonda quando il senatùr- fermatosi sino a tardi tra domenica e lunedì a conversare con i giornalisti - spara il botto del postcapodanno. La sua segretaria, spiega, si è insospettita perché «troppa gente sapeva quello che avevo detto solo a lei». Così sono stati fatti dei controlli «e hanno trovato una cimice nel mio ufficio al ministero e diverse nella mia casa di Roma». E nella casa di Gemonio? «Lì - ha commentato sorridendo - ho fucile da caccia e rivoltella». Infine, ha spiegato di aver cercato di «minimizzare»la vicenda, non sporgendo formale denuncia. «Abbiamo chiamato un privato per la bonifica. Non volevo far casino, tanto un’inchiesta non trova niente». Il segretario della Lega dice di aver comunque avvisato il ministro degli Interni, Roberto Maroni, «che ha mandato un po’ di suoi uomini».
A colpire è proprio la sfiducia nei risultati delle indagini, e indirettamente anche nell’operato del suo compagno di partito al Viminale. Ed è sulla mancata denuncia che si appuntano le reazioni polemiche di Idv, Pd e Radicali. Antonio Di Pietro definisce «molto grave che un ministro «che dovrebbe dare il buon esempio, non presenti denuncia per una vicenda del genere». E critica l’affermazione sull’inutilità di eventuali indagini: «In questo modo ingenera sfiducia verso la giustizia da parte dei cittadini». Ettore Rosato, deputato Pd e componente del Copasir si dice «stupito» e chiede «chiarezza». Infine Giuseppe Rossodivita, segretario del Comitato radicale per la giustizia "Piero Calamandrei" si appella all’articolo 361 del codice penale, che punisce il pubblico ufficiale che omette o ritarda di denunciare all’autorità giudiziaria un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni. E chiede, dunque, che la procura proceda anche nei confronti di Bossi e Maroni.
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