
"Un'ipotesi di accusa scivolosa, un processo che nasce ruminando le carte di altri processi, con un vizio di origine logico prima che giuridico". A scrivere queste parole, riportate da Bianconi giorni fa sul Corriere della Sera, è Elisabetta Cesqui, magistrato di Md, che è stata anche nel Csm ma che soprattutto ha sempre goduto fama di accusatrice intransigente nei confronti dei cosiddetti "personaggi eccellenti". Eppure quelle parole così severe sono messe in rete a proposito dell'inchiesta del procuratore aggiunto Ingroia sulla cosiddetta "trattativa". Sono l'ultimo e forse più chiaro segnale che il vento è girato e che sono rimasti in pochi a credere nell'inchiesta. L'azzardo estremo di chiamare in causa perfino il Quirinale si è rivelato una pessima idea. Costretti ad approfondire la vicenda e il metodo dell'accusa molti hanno cominciato a vedere falle gigantesche in una indagine venduta da alcuni giornalisti megafono come decisiva a proposito del rapporto fra mafia e politica. Il punto di svolta, la boa che segna la virata sta probabilmente nell'intervento agostano di Eugenio Scalfari. Intanto, dopo le distanze prese da Md, incombe la decisione sul conflitto di attribuzione. Proprio ieri la procura palermitana ha inviato i documenti che la Consulta attendeva dopo una richiesta che Ingroia aveva tenuto a definire "troppo specifica
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