
La cosa che mi ha più colpito nell'assemblea di sabato del Pd è stata la sua conclusione. Non com'è andata a finire dal punto di vista politico, proprio le ultime parole di commiato ai convenuti da parte della presidente dell'assemblea. Rosy Bindi ha auspicato una vittoria di Bersani alle primarie dopo che l'assemblea aveva modificato lo statuto proprio per consentire ad altri iscritti al partito di candidarsi. Un po' come se dalla presidenza della Camera - ruolo che, in funzione vicaria, Bindi pure ricopre - avesse chiuso una seduta dicendo: “E domani il mio personale auspicio è che il voto al decreto tal dei tali sia di massiccia approvazione”. L'Aula sarebbe insorta, e con più di una ragione. E in effetti una situazione del genere Rosy Bindi una volta in Aula la creò, ma per l'appunto ci furono proteste e richieste di censura. Nella sala dell'assise democratica ci si è fermati al mugugno, forse perché ormai tutti avevano la valigia in mano. Il precedente parlamentare induce a pensare a una questione di temperamento più che di cinico calcolo. Ma resta l'impressione che Bersani debba guardarsi, oltre che da Renzi, da certi suoi supporter.
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