
"Burgnich fascista, sei il primo della lista". Il grido ritmato dei tifosi della sud dell'Olimpico - allora molto rossi oltre che giallo-rossi - intendeva stigmatizzare un intervento rude del gagliardo terzino dell'Inter, non credo sospettabile di ideologie nostalgiche.
Anche oggi la parola "fascista" viene usata in modo non storicamente e personalmente determinato. Un po' come le corna dell'arbitro. Può soddisfare l'indignazione di un momento, alle lunghe non funziona. Perché se ci si riflette un attimo si scopre che "fascista" è una parola complessa. Si semplifica solo se ti trovi davanti un energumeno con un bastone, o peggio. Ma anche quello, una volta messo al posto suo, si rivelerà figlio di una storia politica che qualcuno, forse non a torto, ha definito "Autobiografia della nazione". Ed è molto ottimistico pensare che tracce di quella storia non siano rimaste nel sistema di potere del nostro paese, contagiando più o meno tutti quelli che con quel sistema sono venuti a contatto.
Meglio evitare di dare del fascista a Grillo. In senso proprio non lo è, anche se fa di tutto per sembrarlo. Magari è un precursore di un nuovo fascismo. Forse di quello "Immenso e rosso" di cui fece solo in tempo a scrivere Brasillach. Ma se è così non sarà Bersani a fermarlo, come pure si deve fare.
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