
Non può finire così, sarebbe il colmo e, come usa dire, c'è un limite a tutto. Forse è la stampa locale che ci ricama sopra. Stampa amica, è vero, ma in genere è proprio quella che ti frega.
In ogni caso ieri la cronaca palermitana di Repubblica si apriva con la notizia che Leoluca Orlando punta su Ingroia per la presidenza della regione. Cose siciliane - si può pensare - manovre diversive, parole in aramaico. E poi il procuratore aggiunto ha parlato chiaro: va in Guatemala a combattere la mafia mondiale e ha sempre escluso una sua candidatura alla presidenza regionale.
Ma qua sorge il problema: Ingroia si è pronunciato sulla nuova ipotesi orlandiana. Cercato al tribunale di Palermo, sede della procura, è stato trovato a Pontremoli, sede del premio "Bancarella", a una presentazione libraria. E che ha detto? "Allo stato non vedo le condizioni".
Come sarebbe a dire? E se le condizioni cambiassero? Il cronista giudiziario Palazzolo interpreta le sue parole su Repubblica: "Si tratta di un uomo delle istituzioni, non può candidarsi in una lista di partito". Se è per questo, con i tempi che corrono, anche un uomo da marciapiede preferirebbe qualcosa di diverso da un simbolo di partito. Ma forse davvero Ingroia, come Grasso, voleva solo dire che non intende candidarsi e basta. Forse.
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