
Come al solito migliaia di pagine, una sentenza che è un com- pendio di storia. In prima, necessariamente rapida, lettura però appare accurata. Poche sbavature, molta attenzione ai fatti. Fatti sconfinati nel tempo, 40 anni, e nello spazio, dalla Sicilia - che è sempre il centro di tutto - alle multinazionali del petrolio. Mauro De Mauro è stato ucciso dalla mafia per conto di chi aveva qualcosa da nascondere sulla morte di Mattei. Così la Corte d'assise di Palermo, che pure assolve l'unico imputato, niente meno che Riina. La sentenza si presta a numerose considerazioni, ma non è questa la sede. Qui solo un aspetto, non marginale. Nessun giornale ieri se ne è accorto. I giudici parlano di un depistaggio iniziato subito dopo il sequestro e proseguito per decenni, fino al dibattimento. Il democristiano Verzotto indicò nell'avvocato Guarrasi il potente che decise di far uccidere il giornalista. Ma il vero colpevole era lui, Verzotto, dicono i giudici. La stampa ha continuato a cascarci fino a ieri, morti entrambi i protagonisti dello scontro. Uno scontro di potere fra i Dc siciliani e un loro avversario tutt'altro che immacolato. Solo che i cronisti "antimafia" fra il laico e il democristiano hanno continuato fino a ieri, nei loro libri e articoli, ad additare come colpevole il laico. Pura logica orlandiana, nel senso di Leoluca. Non di Vittorio Emanuele, col quale peraltro il nittiano Guarrasi non ebbe a che fare.
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