
"L'unica certezza è che il leader della coalizione è Silvio Berlusconi". Così ieri sulle agenzie il segretario del Pdl Alfano. La frase è un evidente dato di fatto, decisiva per connotarla è la logica del discorso nella quale viene inserita. Si potrebbe dire il suo tono, se non fosse qualcosa di scritto. Il tono potrebbe essere dimesso, difensivo e il senso sarebbe "non siamo in grado di dirvi chi è il nostro candidato premier, se ne parla dopo che avrete votato". Invece nel discorso di Alfano il tono è stentoreo, forse perché anche se solo evocato Berlusconi non si presta al gioco difensivo. Così il senso della frase diventa " non sappiamo ancora chi indicheremo come premier. E allora?". Non è per infierire su Alfano. I due candidati a Palazzo Chigi, ben certi di essere almeno quello, sono costretti ad aggiungere che non sanno bene con chi si potranno alleare per esercitare il mandato. Così i programmi, che dovranno poi, chi sa come, ibridarsi, restano il solo criterio di scelta. Nella Prima Repubblica a ogni elezione il Partito socialdemocratico, per andare sul sicuro, metteva sempre lo stesso manifesto: "Case, scuole, ospedali. A sinistra nella libertà". Immancabilmente una mano impietosa aggiungeva "Provvisoria". Doveva essere Grillo da bambino.
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