
«Se mi offrono il Quirinale cosa faccio? Certo che sono pronta! Mica dico, no grazie, ho il morbillo». A Emma Bonino non manca l' autoironia. E ce ne vuole , perché da11999 a oggi è la donna più candidata alla presidenza della Repubblica italiana. Ovviamente, senza mai essere stata eletta e neppure esserci andata vicina in Parlamento. A parte la famosa campagna "Emma for president", appunto del 1999 (al Quirinale andò Ciampi e lei si complimentò con lui), la leader radicale a ogni giro di boa quirinalizio si ritrova tra le papabili. Da vent'anni ormai, va di moda fare il nome di una donna per il Quirinale. Ora il tam tam si è intensificato, anche Napolitano ha detto, già un anno fa, che volentieri lascerebbe a una donna il testimone. L'idea dilaga a macchia d'olio al punto che Berlusconi ieri ha fatto sapere di considerare «grave il fatto che in settant'anni di storia repubblicana, la massima carica dello Stato non sia mai stata ricoperta da una donna». La cosa puzza un po' di bruciato, per Bonino. Che però ripete: ««Mai dire mai. Può darsi che oggi ci siano meno pregiudizi, che sono d'altra parte talmente irrazionali da essere improponibili». Le papabili tuttavia si contano sulle dita di una mano, molti di più - e soprattutto con vere chance - sono i papabili, a cominciare da Romano Prodi. Oltre all'ex commissaria europea e vice presidente del Senato, Bonino (lodata da Monti, ma scartata dai mondani cattolici Casini e Riccardi), tra le donne ci sono Anna Finocchiaro, presidente dei senatori democratici; Anna Maria Cancellieri, ministro dell'Interno uscente, ex prefetto di ferro. Cancellieri è stata lanciata nell'agone da un'altra donna, Ilaria Borletti Buitoni, candidata di Monti, ex presidente Fai. Il premier ieri è tornato alla carica e, in nome della par condicio, ha candidato tutte e tre le sue ministre: Elsa Fomero, Paola Severino e Cancellieri. Tra i nomi femminili c'è anche quello di Rosy Bindi, cattolica "alla Scalfaro", di cui è stata pupilla. Lei svicola: «Non è tempo di chiacchiere». «Io non mi candido a nulla - puntualizza Finocchiaro - sostengo solo che ci sono le condizioni perché in questo Paese le donne rivestano cariche istituzionali di altissimo livello». Fin qui, gli auspici. Poi però, c'è la partita politica. Bisognerà vedere quali equilibri avrà il nuovo Parlamento chiamato a eleggere il capo dello Stato. Se davvero ci saranno un centinaio di grillini, ecco che per il Colle sarà indispensabile scegliere un nome su cui far confluire sia il centrosinistra che il centrodestra. Gradimento bipartisan potrebbe avere Franco Marini, che ha un ottimo rapporto, da abruzzese a abruzzese, con Gianni Letta. Giuliano Amato è nella rosa. A sorpresa, spunta l'ipotesi di Pietro Grasso, l'ex procuratore antimafia, candidato del Pd, di cui Berlusconi ha sempre apprezzato una dichiarazione, e cioè: «Meriterebbero un premio Berlusconi e il suo governo per la lotta alla mafia...». Il Cavaliere va in giro a ripeterla, quella frase. Con una netta vittoria del centrosinistra, in pole position c'è Prodi. L'ex premier ed ex presidente della commissione Ue, ha tutte le carte in regola - a partire dall'affidabilità internazionale per salire al Colle. La sua presenza sul palco di Milano è stata letta come un annuncio. Lui smentisce. Evidentemente è lusingato. Da Mosca, dove si trova come inviato speciale Onu per i venti anni di Gazprom, ironizza: «Io favorito? I bookmaker inglesi sbagliano sempre». Non dispiace al centrosinistra per il dopo Napolitano neppure il nome lanciato da Ingroia: il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky. Sul fronte centrodestra, Berlusconi ribadisce di avere un asso nella manica, che tiene coperto. Potrebbe essere Antonio Martino. Ma forse ha ragione D'Alema, bruciato nella corsa per il Quirinale nel 2006: «Non c'è nulla di peggio di essere candidati al Quirinale, mai stati eletti, perciò non faccio un dispetto a Bonino». Di dispetti e trappole ne sanno qualcosa i grandi dc, "ghigliottinati" all'ultimo nella corsa, come Andreotti o Forlani.
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