
E alla fine la lunga attesa alla ricerca del candidato «giusto» per il Pd nel Lazio ha prodotto un effetto spiazzante. Che si chiama Emma Bonino. La vicepresidente del Senato, simbolo insieme a Marco Pannella di tante battaglie radicali, ha deciso di candidarsi a presidente della Regione prima dei democratici obbligandoli a fare anche loro una mossa: un mandato esplorativo a Nicola Zingaretti. Mossa non risolutiva, perché il diretto interessato continua a far sapere, a destra e a sinistra, che non è disponibile ad essere lui stesso il candidato. Ma prende in contropiede il Partito democratico costringendolo ad accelerare sulla scelta di chi dovrà sfidare a marzo Renata Polverini, il segretario dell’Ugl vicina a Gianfranco Fini. Con una parte del centrosinistra e dello stesso Pd che già si dichiara favorevole ad appoggiare la stessa Bonino.
L’annuncio della candidatura radicale è arrivato a fine mattinata, anche se era già nell’aria da qualche giorno: «La mia scelta di correre per la Presidenza della Regione rappresenta un’alternativa, un servizio ai cittadini». Arriva subito il plauso dei Verdi di Angelo Bonelli, ma la novità complica senza dubbio le cose in casa del Pd. Pierluigi Bersani decide, insieme alla segreteria regionale, una contromossa e a metà pomeriggio arriva la nota del partito che parla di «mandato» all’attuale presidente della Provincia, «per accertare le condizioni politico-programmatiche e le candidature più idonee e coerenti».
Zingaretti accetta e promette di riferire entro domani sera a Bersani «l’esito» della sua «esplorazione» per costruire «una coalizione larga e capace di vincere». Ma continua ad escludere la sua persona: «Da tempo affermo che c’è la possibilità di trovare nomi eccellenti». E, precisa, «candidature autorevoli anche al di fuori del Pd». Che vuol dire due cose: la speranza che si trovi all’ultimo momento qualche nome della società civile disposto a scendere in campo oppure, come non pochi affermano, convergere sulla stessa Bonino. Lei avanza la sua offerta: «Per il Pd appoggiarmi sarebbe una grande possibilità, un gesto di coraggio per uscire dal pantano».
A sostenere apertamente la Bonino nel Pd, e non da oggi, è Ignazio Marino. Ma anche una parte di franceschiniani e veltroniani che, di fronte all’idea di correre non solo contro la Polverini, ma anche contro l’esponente radicale, preferirebbero sostenere quest’ultima. Una cosa appare comunque chiara a tutti: senza l’appoggio dell’Udc (secondo gli ultimi sondaggi all’8%) il centrosinistra, già colpito dalla bufera Marrazzo, non ha molte chance di vittoria. E il partito di Casini ha sempre fatto capire di poter considerare un sostegno al Pd solo se fosse lo stesso Zingaretti a scendere in campo. Per questo i bersaniani, nonostante i ripetuti «no» del presidente della Provincia, ancora non hanno rinunciato a sperare in un ripensamento. E continuano a fare pressing, pur sapendo che si tratta di un’azione quasi disperata. Oltretutto complicata ora dalla presenza della Bonino. Perché ovviamente «ruba» comunque un bel po’ di voti a sinistra. E Casini? Preferisce «il silenzio», ma in assenza di una candidatura Zingaretti, il leader dell’Udc avrebbe ormai scelto da giorni per la Polverini.
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