
07/01/11
Il Foglio
Nel fine settimana, Goldman Sachs ha versato mezzo milione di dollari nelle casse di Facebook. La banca d’affari si è anche impegnata a raccogliere un miliardo e mezzo di dollari fra gli investitori privati per sostenere lo sviluppo del suo nuovo cliente. Questa notizia ha gonfiato il valore del social network, che oggi tocca i cinquanta miliardi di dollari una cifra alta anche per la Silicon Valley, che pure ha vissuto stagioni di grande euforia negli anni passati. Il New York Times ha giustificato l’interesse di Goldman Sachs per Facebook facendo ricorso alla "tradizione". La banca è legata ai successi più clamorosi dell’economia americana, non dovrebbe sorprendere che ora decida di puntare su Mark Zuckerberg, uno capace di diventare miliardario molto prima di compiere trent’anni. Ma ieri il New York Times ha lanciato un’altra notizia interessante. Una divisione di Goldman Sachs che gestisce fondi pensione e altri clienti delicati, Goldman Sachs Capital Partners, avrebbe negato il sostegno all’operazione. Lo status di Facebook - che non è in Borsa - permette al gruppo di mantenere il riserbo sui bilanci. Quei dati non hanno convinto tutti a Goldman Sachs.
Gli Stati Uniti hanno già sperimentato gli effetti di una bolla sui titoli ad alto contenuto tecnologico. Anche per questo, la Sec pare decisa a mettere sotto esame i termini dell’accordo. La crisi finanziaria scoppiata nel 2008 ha fornito una lezione formidabile: non c’è niente al mondo come l’economia reale. Molti lo hanno già dimenticato, e i privati decisi a investire sul social network di Zuckerberg sono così tanti che Goldman Sachs ha deciso di chiudere l’offerta.
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