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«Non è tutto nelle nostre mani, non siamo maggioranza in questo Parlamento ma per quello che ci riguarda manterremo il patto e l'assoluta lealtà. Per noi si arriva al 2013». L'ipotesi di voto anticipato a ottobre avanzata dal responsabile economico del Pd Stefano Fassina è bocciata per la seconda volta nel giro di 24 ore dal leader democratico Pier Luigi Bersani. Lunedì sera il suo portavoce, ieri lui stesso. «Si arriva al 2013, senza se e senza ma». A smentire qualsiasi ruolo dietro la presa di posizione dei cosiddetti "giovani turchi" della segreteria di Bersani (a dare manforte a Fassina è stato anche il dalemiano Matteo Orfini) è pure Massimo D'Alema. «Il voto a ottobre? Mi pare una sciocchezza – taglia corto l'ex premier –. Una cosa è stimolare Monti, altro è farlo cadere... Mi sembrano due cose ben diverse. Il Pd deve incalzare il governo, stimolarlo a fare di più. Questa è la mia opinione. Altri, che hanno un nome e un cognome, ne hanno una diversa. Rispettabile ma diversa». La precisazione di Bersani e la presa di posizione di D'Alema non fermano tuttavia le polemiche. E l'ipotesi di voto anticipato in autunno continua ad agitare le acque della "strana" maggioranza. Intanto Fassina torna a ribadire la sua posizione: «Se entro la pausa estiva la riforma elettorale non sarà avviata in modo credibile bisognerà anticipare la Finanziaria e andare alle urne». E anche dentro il Pdl aumentano i dissidenti. Gli ex An, Guido Crosetto, Massimo Corsaro, Gianfranco Rotondi e perfino Sandro Bondi. Sono in molti a chiedere di staccare la spina al governo tecnico. Tanto che Silvio Berlusconi, rientrato ieri pomeriggio a Roma, avrebbe confidato ai suoi che gli attacchi al «governo delle tasse» devono cessare perché non portano da nessuna parte. Monti deve cambiare linea politica – è stato il ragionamento del Cavaliere – ma non è questo il momento di staccare la spina, non ci sono alternative.
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