
Bersani ironizza: «È in arrivo il famoso fisco per l'estate...». Rincara: «Da un anno dico che Berlusconi deve andare a casa». Il premier è inadeguato: il segretario del Pd rilancia l'offensiva chiedendone le dimissioni. Annuncia che domenica andrà a votare per i referendum alle 10 di mattina «per smascherare gli imbrogli di Berlusconi». «Fatelo anche voi» è l'appello del leader democrat. E ieri il Pd ha riunito il "caminetto" dei big sulla legge elettorale. Prevede una norma anti-ribaltone, scritta durante la riunione, che fissa un principio: fatto salvo che il parlamentare esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato, non sarà più possibile creare gruppi con simboli che alle elezioni non c'erano. Stando così le cose, non sarebbero nati né Responsabili né Fli néApi. È la ciliegina sulla torta di una riforma del "Porcellum"che i Democratici vogliono maggioritaria a doppio turno (con collegi uninominali), con una quota attribuita con metodo proporzionale (forse il 35%), un diritto di tribuna (i15%) e pari opportunità tra i generi. Modello messo a punto da Violante e Bressa. Non paragonabile a sistemi esteri. Bersani e Bindi s'infuriano: «Non è ungherese, né turco, è italiano». Non c'è stato neppure «un aggancino» con la Lega - sostiene il segretario del Pd – perché il colloquio con Maroni è stato brevissimo. Di certo però la pro posta democratica mira ad attrarre i lumbàrd. Apprezzano tutti: Veltroni e D'Alema; Fioroni (che raccomanda di evitare le trappole della maggioranza «capace di tenerci inchiodati in un filibustering»); Meta («Bene la barra sul bipolarismo»). Parisi invece critica. Ora Bersani vedrà le opposizioni, Di Pietro, Vendola, Casini, Fini e Rutelli. Ai vendoliani piace poco. Casini sostiene che è «un primo contributo ma c'è ancora molta molta strada da fare». Rutelli sarcastico: «Un modello ungherese? L'Ungheria ha un governo catastrofico».
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