
Nessun dubbio, nonostante il cammino irto di difficoltà. Pier Luigi Bersani, ospite di Fazio a Che tempo che fa, ripete che «la prima parola spetta al Pd, visto che abbiamo 460 parlamentari, il doppio della destra e il triplo di Grillo». Non nasconde la delusione per quella sconfitta che non si aspettava. «Abbiamo perso perché abbiamo avuto un risultato sotto le aspettative», ripete. Ma ribadisce che «ora serve un governo di cambiamento su un programma di otto punti, una legge contro la corruzione, una contro il conflitto di interessi, una dedicata ai costi della politica; un’altra dedicata agli interventi sull’economia verde e sull’urgenza sociale. Mi rivolgerei a un Parlamento rinnovato per avere la fiducia. Da che parte verrà il sostegno? Da chi vuole cambiare qualcosa». «Assumersi le proprie responsabilità vuol dire saper cambiare», dice, rivolto innanzitutto a Grillo e ai suoi «perché sia chiaro che con il Pdl non ho nessuna intenzione di fare accordi», chiarisce Bersani.
A VISO APERTO
Ma con il capo di 5 stelle intende giocare una partita a viso aperto. Per questo, smentisce di avere avuto incontri più o meno segreti con il comico genovese. «I nostri si parlano certo, ma è un’altra cosa», precisa. E ancora: «Lo dico prima io di Grillo che gioca a fare l’uomo mascherato. Di tavoli non ne apro, non scambio sedie, non voglio fare nessun patto. Ciascuno si prenda le sue responsabilità - insiste - visto che potevano stare a casa e invece hanno deciso di venire in Parlamento. Ora ha un terzo dei parlamentari, dica cosa vuole fare: Nessun accordo? Allora dica che si va tutti a casa».
LE DIFFERENZE
Bersani dunque continua a lanciare ami a Grillo, tuttavia precisa di non condividere tutto il suo programma. «Per esempio, non vuole che un figlio di immigrati nato qui sia italiano e mi sembra molto tiepido sull’evasione fiscale - accusa - e questo non è di sinistra. Così come quando dice che bisogna stare fuori dall’euro, una cosa che non sta in piedi». Per quanto lo riguarda, Bersani assicura di voler cambiare il modo di finanziare i partiti, ma conferma di non volerlo abolire del tutto. «Anche fosse per un solo euro non sono disposto a rinunciare al principio che la politica deve avere una qualche forma di sostegno pubblico - osserva - se no la fanno solo gli ottimati e i miliardari». E, dopo aver ribadito «stima e rispetto per Napolitano» e aver confidato che «la scadenza del suo mandato crea qualche problema», appare più ottimista su una possibile convergenza sulla scelta del nuovo presidente della Repubblica. «Dopo un presidente così non è semplicissimo arrivare a una soluzione, ma penso che raggiungeremo un accordo - afferma - perché in ultima analisi i numeri si possono trovare». II leader del Pd racconta di avere già in mente la squadra di governo che dovrebbe sottoporre all’esame del Quirinale, «totalmente rinnovata, con molte donne, giovani e personalità esterne alla politica». In questo quadro, ma anche nella vita futura del partito, immagina anche il coinvolgimento di Matteo Renzi «che avrà sicuramente un ruolo».
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