
19/10/10
l'intervista uscirà su www.linkontro.info e ne sarà data notizia domani su Liberazione e mercoledì sul Manifesto.
Centinaia di migliaia di italiani scendono in piazza, si parla soprattutto del Pd. Il partito di Pierluigi Bersani (ma anche di Walter Veltroni e Ignazio Marino) in piazza San Giovanni sabato scorso c'era ma si notava poco, due, tre bandiere al massimo e un pugno di dirigenti. Abbastanza per far dire a Pierferdinando Casini che il suo Udc non si alleerà mai con simili estremisti. Cripto comunisti. Il Pd non ha aderito alla manifestazione della Fiom («il nostro compito non è scegliere fra Cgil e Cisl», dice in proposito Bersani), eppure un drappello di parlamentari democrat ha già annunciato una visita al segretario della Cisl Raffaele Bonanni. «Un gesto di solidarietà», spiega il gruppetto capeggiato da Giuseppe Fioroni, che negli ultimi tempi si è distinto per il suo attivismo all'interno del Pd, differenze di sensibilità rispetto al segretario Bersani.
I democratici non scelgono, la discussione interna rischia di superare il livello di guardia. Non è facile - soprattutto oggi, con il governo Bossi-Berlusconi - mantenere equidistanza fra Cgi1, Cisl e Uil. Cgil da una parte, Cisl e Uil dall'altra. Le politiche del governo trovano un sostanziale placet di Cisl e Uil, il leader della Cgil Guglielmo Epifani sabato era sul palco insieme alla Fiom di Maurizio Landini. «Mi dispiace per Bersani - sottolinea il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero - ma è del tutto evidente che Cisl e Uil hanno voltato le spalle ai lavoratori collaborando con il governo e con Marchionne».
Il Pd riceve critiche dalla sua sinistra (area Marino) per non aver aderito alla manifestazione dei metalmeccanici della Fiom, e dalla sua destra (area Fioroni) perché anche se non ha aderito qualche dirigente in piazza c'era. Alla fine Bersani è costretto a intervenire. «Il Pd è un partito che discute», ammette il segretario. «Soprattutto - precisa - è un partito di governo momentaneamente all'opposizione, non aderisce a manifestazioni sindacali. Si definisce per il patto sociale che propone». E ancora: «I metalmeccanici della Fiom hanno diverse buone ragioni e vanno ascoltati. Così come quelli della della Fini e della Uilm non possono essere considerati dei traditori. Chi può ricomporre l'unità deve dare una mano». Poche voci si alzano a sostegno del leader Pd. C'è Emma Bonino: «Bersani richiama la necessaria indipendenza del partito da qualunque sindacato, senza essere al traino della Fiom-Cgil piuttosto che della Cisl o della Uil».
Stefano Fassina, responsabile lavoro ed economia del Pd, non ha dubbi: «Bersani ha spazzato via polemiche strumentali e, ancora una volta, ha ribadito che il Pd va in piazza per ascoltare e dare solidarietà ai lavoratori non per farsi dettare l'agenda». Tutto è bene quel che finisce bene? Non in questo caso. Perché lo scudocrociato di Pierferdinando Casini non resta a guardare il Pd che si arrovella al suo interno sull'opportunità o meno di partecipare alla manifestazione dei metalmeccanici della Fiom, lo provoca.
«Se l'idea dell'opposizione è quella di creare un'alternativa partendo da piazza San Giovanni - tuona Casini - allora siamo fritti. L'Udc non si allea con il Pd se queste sono le loro posizioni». La traduzione è semplice: il Pd deve scegliere fra l'Udc e la sinistra che ha aderito in tutte le sue forme politiche alla manifestazione di sabato a Roma. Ancora il leader Udc: «Non si capisce perché Enrico Letta e Beppe Pisanu, Raffaele Fitto e Marco Follini debbano stare su versanti opposti. Il paese si rilancia mettendo assieme a governare le persone serie che nel Pd sanno che seguendo le piazze non si va da nessuna parte e le per- sone serie nel Pdl che non ne possono più di dover sottostare a un patto in cui è la Lega a dare le carte». Ne viene fuori l'identikit del partito che Casini ha in mente. Uno scudocrociato sempre più grande e ricco di personalità politiche raccolte ora qua, ora là.
La risposta dei democrat porta la firma di Marina Sereni. «Casini sa bene che non esiste in questo momento in Italia alcuna possibilità di costruire una alternativa credibile al Pdl e alla Lega che non faccia perno sul Pd e su una alleanza fondata su un programma chiaro e condiviso». Dopo la vicepresidente del Pd riprende la parola il segretario Bersani. «Non so che cosa pensi Casini ma senza il progetto del Pd, senza i nostri uomini e donne, senza i nostri numeri, l'alternativa a Berlusconi non si fa. Ognuno si assuma le sue responsabilità».
Casini non ha dubbi: meglio soli che accompagnati da un partito che ha avuto anche un unico militante in piazza al fianco dei metalmeccanici della Fiom. Il Pd di dubbi ne ha molti, almeno quanti le sue diverse anime, laiche, cattoliche, proCgil, pro-Cisl, pro-Uil. Significativo il fatto che dall'altra parte della barricata, nei palazzi del governo, non si registri alcuna differenza di sensibilità in merito alle politiche economiche. Non ci sono Fini e Berlusconi, Fli e Pdl impegnati in serrati confronti sul tema. Sono tutti d'accordo con gli industriali, con Cisl e Uil pronte a firmare qualsiasi tipo di accordo.
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