
17/11/10
la Repubblica
Di nomi non se ne fanno a voce alta. Ma è Mario Draghi, governatore di Bankitalia, il più gettonato nel Pd per la guida di un governo di transizione. Pier Luigi Bersani, il segretario, si schermisce: «Un governo Draghi? Lascio la valutazione su nomi e incarichi nella fase giusta al presidente Napolitano». E durante la riunione con Emma Marcegaglia, con i segretari di Cgil, Cisl e Uil - Camusso, Bonanni e Angeletti - e le altre parti sociali, che al leader pd arriva la notizia della decisione del capo dello Stato e di Fini e Schifani sul voto di fiducia il 14dicembre. Ma la preoccupazione politica del Pd e dell’Udc di Casini - è una sola: evitare le urne, come invece Berlusconi minaccia appoggiato dalla Lega.
«Non abbiamo certo paura delle elezioni - commenta Bersani - ma sarebbe una cosa esiziale che ci farebbe perdere mesi e ci metterebbe in una situazione che non ci consente di guardare avanti con sicurezza». Mentre c’è bisogno di affrontare l’emergenza economica e il segretario teme «la controffensiva di Berlusconi» e «una tattica dilatoria» del Pdl. Casini rincara: «Vedo un’irresponsabilità diffusa. Irlanda e Portogallo rischiano di fare la fine della Grecia e noi siamo dietro l’angolo. Bisogna che tutte le forze responsabili, tutte le persone, compreso il premier facciano un passo indietro nell’interesse generale. Perché il ricatto delle elezioni anticipate è pura follia».
I Democratici riuniscono ieri sera i gruppi parlamentari di Camera e Senato. Un’assemblea nella Sala della Regina a Montecitorio affollata come non si vedeva da tempo per parlare della spallata a Berlusconi; della necessità di un governo di transizione come «unica soluzione positiva»; di legge elettorale. Bersani ripete ai parlamentari: «La crisi va formalizzata subito. Se andiamo avanti con questo sistema elettorale del "ghe pensi mi" avremo sempre una democrazia che non decide; ci sarà un sistema populistico che tende al plebiscitario».
Il capogruppo alla Camera Dario Franceschini denuncia il tentativo del Pdl di fare melina sulla legge di bilancio. «Mai nella Seconda Repubblica si era visto un premier così incollato alla poltrona». Proprio per evitare gli espedienti del centrodestra, i capigruppo delle opposizioni (Franceschini e Finocchiaro per il Pd; Casini e D’Alia dell’Udc; Donadi e Belisario di Idv; Tabacci e Russo dell’Api; Melchiorre di Ld) avevano ieri mattina inviato una lettera a Fini e Schifani per ottenere che la legge di bilancio fosse approvata entro novembre. È però sul dopo-crisi, e se si dovesse andare alle urne, che tra i Democratici la maretta è forte. Veltroni, Fioroni e Gentiloni riuniscono i Modem e attaccano: «Non resteremo al capezzale di un malato la cui morte è annunciata, bisogna avere la cura». Sul tavolo c’è la scelta delle alleanze e la sconfitta alle primarie di Milano. Fioroni, sarcastico: «Ora si perdono pure le primarie, non solo le elezioni». Polemica Pd Radicali che avevano chiesto di invitare Pannella. La risposta è no. Rita Bernardini ricorda le volte in cui il Pr è stato discriminato. Follini avverte: «Sì al governo di transizione, che però ha poche possibilità. Ma voglio capire quale è la rotta del Pd».
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