
Dall'ultimo atto del governo Berlusconi - la legge di stabilità approvata in gran fretta per lasciare il campo a nuovi e urgenti sviluppi del quadro politico - non si poteva pretendere granché. E così è stato, visto che su tutto premeva l'esigenza di voltare comunque pagina. Massimo Riva Certo è che il congedo del Cavaliere avviene secondo lo stesso schema tipico dei suoi ultimi decreti: rinuncia ad ogni intervento riformatore sui nodi di fondo neanche troppo dissimulata sotto una congerie di provvedimenti di mediocre "bricolage"legislativo.
La questione delle pensioni d'anzianità non è stata neppure sfiorata e così pure il tema caldissimo del mercato del lavoro. Gli sgravi contributivi introdotti per l'apprendistato avranno effetti molto limitati perché il provvedimento esclude le aziende con più di dieci dipendenti. Una novità di qualche rilievo riguarda il pubblico impiego per il quale - a parte il rituale blocco del "turn over" - si prevede una maggiore mobilità con correlata sanzione per quanti si oppongano ai trasferimenti. Ma accadrà davvero? La legge rielenca poi gli ormai annosi impegni in materia di privatizzazioni e liberalizzazioni, ma senza che su tempi e modi vi sia la minima traccia di risposta ai pressanti 39 quesiti dell'Ue. L'eredità di Berlusconi finisce così per risolversi nella classica incompiuta: un avvilente rosario delle cose che potevano essere fatte, ma non lo sono state.
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