Articolo di Antonella Coppari pubblicato su Giorno/Resto/Nazione, il 06/12/10
Che non si illudano quei «vecchi maneggioni» di Fini e Casini: prima o poi lascerò, ma per fare posto a «giovani politici preparati», non a loro che «pur di farmi fuori» sono pronti ad allearsi con la sinistra. Silvio Berlusconi è durissimo: in collegamento telefonico con una manifestazione del Pdl a Roma non le manda a dire agli avversari che gli chiedono di dimettersi.
Li prende in giro, dice che sono «incoerenti», sono espressione del passato e certo non sono degni di rappresentare l’Italia in un proscenio internazionale come invece fa lui, considerato da tutti «una star», insostituibile «per guidare il Paese in un momento delicato». Più che un discorso suona come un comizio: l’annuncio quasi dell’apertura della campagna elettorale, tanto che gira voce di un’apparizione del premier nel week end a piazza Duomo, anche se Bonaiuti smentisce seccamente. «Addirittura - racconta Antonio Palmieri, l’uomo della comunicazione nel Pdl - il Cavaliere ha già prenotato gli spazi pubblicitari» casomai si tornasse alle urne. Non solo: «Ha potenziato tutti i ‘nuovi media’, dal sito Forza Silvio a quello del Governo - continua - per comunicare direttamente con i suoi elettori». Perché non si fida della stampa «che, nella stragrande maggioranza, è contro di noi».
Altrettanto netta è la linea degli avversari. Dopo aver ripetuto che Berlusconi deve mollare per far spazio a un governo di armistizio nazionale guidato da «Letta, Tremonti o Alfano» e che «se decidesse di andare comunque avanti bisognerebbe chiamare il 118», il leader dell’Udc Casini dichiara: «Con lui non polemizzo, è un uomo allo sbando». Concetti più o meno simili a quelli espressi dal finiano Briguglio: «Non è più lucido, non può governare». Insomma: allo stato sembrerebbe che non ci sia via di mezzo, lo scontro è frontale. Il premier sostiene che senza di lui c’è solo il voto, gli altri continuano a urlargli che deve andarsene. Ma il condizionale è d’obbligo visto che mancano ancora sette giorni al voto di fiducia e a Montecitorio si gioca su numeri risicati. Appare difficile che chi ha firmato una mozione di sfiducia non la voti ma Berlusconi è convinto di poterla sfangare grazie ad assenze strategiche che gli consentirebbero di raggiungere quantomeno la maggioranza dei presenti. «E così otterrò la fiducia». Insieme al silenzio della Lega, c’è un dato inconfutabile in questa domenica: nessuno dei litiganti vuole andare a votare. Ecco perché raccontano i più stretti collaboratori del Cavaliere che un filo di trattativa c’è ancora: si tratta di un filo esile, non si sa bene dove possa andare a parare, ma in questo clima in cui tutto sembra scritto, il colpo di scena non è escluso. Intanto, piovono pietre. Dopo aver telefonato a Casini per fargli gli auguri per il compleanno (e, secondo alcuni, anche per cercare spiragli per un accordo), Berlusconi l’attacca: «Sono consapevole di avere una certa età e che dovrò lasciare ma lo farò dopo aver portato a termine il programma e non passerò certo il testimone ai maneggioni della vecchia politica che hanno a cuore solo le loro ambizioni personali, ma alla nuova generazione di politici giovani».
In Mente ha i soliti Frattini, Gelmini, Alfano: prontissimo a fargli spazio, soprattutto se dovesse per lui avverarsi il sogno del Quirinale... Ora è deciso a vendere cara la pelle perché, spiega, non penso che «i deputati» saranno così creduloni da seguire «aspiranti leader che vogliono «distruggere il Paese». Epperò, una volta vinta la battaglia della Camera sarebbe pronto a trattare con questi «vecchi arnesi» della politica: «Lo farebbe da una posizione di forza», è la giustificazione dei suoi.
© 2010 Giorno/Resto/Nazione. Tutti i diritti riservati