
30/09/10
Il Secolo d'Italia
«La prossima sfida? Raccontare l'Italia dei nostri giorni. La grande letteratura è stata distrutta da Silvio Berlusconi, con l'ingresso in Mondadori... Il Cavaliere parlava di libri come dissertava sul Mílan...».
Ecco Marcello Baraghini, fondatore di Stampa Alternativa, che con la sua solita irriverenza sintetizza non solo la vocazione innovativa della sua storica casa editrice ma lancia un allarme sul rischio dell'omologazione nel nostro paese. Tra Epicuro e Kerouac, Luciano Bianciardi e Marco Pannella, con una famiglia di destra alle spalle e l'esplosione libertaria della sua giovinezza, abbiamo ripercorso con lui le tappe della sua avventura.
Baraghini, su quali basi inizia l'esperienza di "Stampa Alternativa"?
Nasce dal post Sessantotto, i capelloni parteciparono con grande afflato alle espressioni artistiche che si svilupparono negli ambienti della controcultura. Tutti volevano fare la rivoluzione. Anche noi la volevamo fare, ma alla fine ce la cantavamo e la fumavamo. Noi aspiravamo a rappresentare anni di vagabondaggio, il rock... Poi arrivarono le nubi di piombo e l'anima libertaria della mobilitazione studentesca a cui eravamo legati, degenerò e divenne altro.
Quanto ha contato la sua formazione famigliare nel muovere i primi passi da irregolare?
Sono figlio di una famiglia umile, di contadini. Si pregava e si sgobbava. Mio padre, euforizzato dal fascismo movimento, andò volontario in Spagna e in Grecia. Perse un occhio e rimase, anche negli anni successivi alla guerra mondiale, legato a quell'esperienza politica. Il contesto famigliare era però troppo incardinato sul Dio, patria e famiglia. Io decisi di ribellarmi.
Che cosa contestava?
Un destino che prevedeva per me, secondo i desiderata di mio padre, un futuro da ragioniere o da impiegato al ministero. Nel 1963 uscì minorenne da casa. E incontrai Marco Pannella...
Con il leader radicale fondò la Lid, la Lega italiana per il divorzio.
Si. La mia aspirazione era abbattere tutto quello che il clericalismo e una certa cultura reazionaria volevano impedire. Mi battevo perché non fossero più censurate le trasgressioni, perché i ragazzi non venissero puniti a causa dei capelli lunghi odi un un ritardo nell'orario di ritirata.
Dove visse a Roma la sua giovinezza irrequieta?
Frequentavo i beat, e con loro vivevamo la Capitale sugli scalini di piazza di Spagna. La sera andavo a dormire a via XXIV maggio, dove c'era la sede del Partito radicale. C'erano giovani avvocati liberali che accoglievano, in nome di un autentico libertarismo, tanti irregolari come noi. Mia madre prese male questo allontanamento. Diceva: "Mi farai morire...". Ma è vissuta fino a novant'anni.
Quali libri hanno accompagnato quel periodo di scoperte?
Fu una esplosione che non aveva referenti ideologico o culturali, solo letture disordinate. Poi incontrai le "letture del disordine": Kerouac, e soprattutto la Bur, i cui libri se non li rubavo, costavano talmente poco che li compravo... Iniziai ad amare la letteratura russa, Fédor Dostoevskij, Le anime morte di Gogol. E lì si sostanziò la passione per gli ultimi, i reietti, i demoni.
La scelta editoriale arrivò in seguito.
Dopo la degenerazione violenta post Sessantotto, invece di suonarcela a cantarcela tra noi, pensammo di diffondere le nostre idee, affermate in piccoli incontri o da gruppi minoritari, attraverso fogli ciclostilati, per raggiungere quanti più giovani possibile. I contenuti? Libertari: raccontavamo su un opuscolo come andare in India in autostop, demolivamo il consumismo e immaginavamo diete alternative al filetto ed alla carne bianca. Vendemmo centinaia di migliaia di copie a prezzi popolari: costavano cento-duecento lire...
Il successo arrivò con "Lettera sulla felicità" di Epicuro?
Negli anni ottanta mi resi conto che l'editoria di qualità stava entrando in crisi. La soluzione fu definita una pazzia, un'idea contro il mercato: i libri "millelire". Ne editai nel 1989 i primi quindici. Non colpirono i lettori, ma li vendevo a Porta Portese e piacevano al popolo. Corrado Augias elogiò in tv il libro di Epicuro con queste parole: "Costa solo mille lire e vale milioni". La mattina dopo ci fu un boom di richieste.
Nel suo catalogo ci sono autori di destra e sinistra...
Nel 1994 pubblicammo anche un libro di Julius Evola, Sesso e libertà, con un saggio critico di Gianfranco de Turris. Per me non esistono idee proibite.
Quando partecipò ad un dibattito su Luciano Bianciardi a CasaPound, scoppiarono forti polemiche.
Anche Bianciardi, un anarchico puro, sarebbe andato in quel centro sociale di destra, in nome della libertà e dell'amore per il confronto, in un luogo dove c'era energia e una visione del mondo differente. II mio approccio non ha nulla a che vedere con quello dei "trinariciuti compagni" di sinistra. Mi sono sempre ribellato al conformismo e all'omologazione.
La prossima sfida di Stampa Alternativa?
Uscire dal codice a barre e raccontare l'Italia dei nostri giorni. La grande letteratura è stata distrutta da Silvio Berlusconi, con l'ingresso in Mondadori... Il Cavaliere parlava di libri come dissertava sul Milan... Davanti a noi c'è una nuova stagione di rivalsa. Il popolo vuole conoscere ancora la rivolta e leggere il dissenso. Sarò sempre dalla parte dei briganti, contro ogni regime.
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