
Fiducia in decrescita: 87 voti in meno rispetto a quella dell'insediamento del governo, a novembre. Ma Monti è soddisfatto dell'ok (469 sì, 74 no e 5 astenuti) al Milleproroghe, su cui martedì la Camera voterà il via libera complessivo, mettendo nel conto alcune modifiche al Senato. Il premier dovrebbe anche essere rassicurato dai toni insolitamente moderati di Berlusconi. Il Cavaliere infatti conferma la fiducia e poi, in Transatlantico, affida ai cronisti la promessa: «Noi siamo responsabili, non possiamo sfilarci». Insomma, nessuna volontà di staccare la spina. Anzi, insiste in serata nel vertice del Pdl, «una crisi sarebbe da irresponsabili».
Parla di sé, Berlusconi, del «senso di responsabilità» avuto nel farsi indietro «se mi permette te con una certa eleganza». Quelle ragioni del sostegno a Monti, dice, «esistono ancora, il governo sta operando con grande prudenza ed è difficile avanzare critiche fondate, non mi aspettavo di più». Sulla Lega evita, sorride. Bossi no.
Di Berlusconi, nonostante le affettuosità di lunedì sera post cena a Milano, il Senatùr dà il giudizio peggiore: «Berlusconi è un po' una mezza cartuccia, ha paura.
C'è tutto un paese che vuole strozzare Monti e lui ha paura di mandarlo via». I lumbàrd tornano sull'aut aut: o via Monti o giù Formigoni. Angelino Alfano, il segretario del Pdl, cerca di mantenere i nervi saldi: «Stiamo scontando un momento difficile ma la nostra alleanza con il Carroccio non è finita». Però contrattacca: «Non accettiamo ultimatum e intimidazioni dalla Lega, né li facciamo». Ma nel partito di Berlusconi non si nascondono che le fughe in avanti di Bossi rischiano di fare da calamita perla fronda pro voto. E già il numero di chi si è sfilato dalla fiducia al Milleproroghe è una cartina al tornasole: se 5 del Pdl ci hanno messo la faccia e si sono astenuti (Castiello, Crosetto, Mancuso, Martino e Moles), altri 30 risultavano assenti, e tra questi figure di primo piano come gli ex ministri Tremonti e Romani, Scajola, Ghedini, Pecorella. Contando forse sulla fiducia sicura, neppure nell'Udc e nel Pd c'è stato un serrate le file: tra gli assenti democratici Fioroni, Turco, Veltroni, Parisi; e tra i centristi Cesa, mentre Casini era in missione. Anche 4 deputati di Fli (Divella, Lamorte, Menia e Paglia) non hanno partecipato al voto. Gli assenti diventano quasi un terzo partito, in tutto sono 81.
Monti scappa al Quirinale per un pranzo con il presidente Napolitano alla vigilia del Consiglio europeo di lunedì. Bersani incrocia Bossi in Transatlantico. Si abbracciano e il segretario del Pd incoraggia il leader leghista: «Dai, sostieni anche tu 'sto governo...». Risposta: «Mavaffa'...». Per Bersani è fuori di dubbio che il governo va appoggiato con lealtà fino alla conclusione della legislatura. Per questo il "nodo" del rapporto con Di Pietro è tutt'altro che sciolto, benché l'ex pm e il leader di Sel, Vendola insieme sollecitino il Pd a «riaprire il cantiere del centrosinistra». Ma la distanza si tocca nel "no" alla fiducia che i dipietristi ribadiscono sul Milleproroghe. Silvana Mura, di Idv, prende a prestito un paragone calcistico: «L'avevano presentato come il Barcellona di Guardiola ma invece questo governo fa errori come una squadra di campetti di periferia».
In aula, Massimo Polledri della Lega, investe anti-tedesca, difende Napoli e le quattro giornate. «Noi non abbiamo i Priebke e i Kappler... io voglio ricordare Gennarino e gli altri eroi». I Democratici sono abbastanza soddisfatti delle modifiche sulle pensioni, per i lavoratori precoci e gli esodati, anche se si aspettano altri ritocchi al Senato. Il Milleproroghe ha aumentato il prezzo delle sigarette; stoppata invece la sanatoria per i manifesti abusivi dei partiti smascherata dai Radicali e da Idv. A Palazzo Madama sono rinviate questioni come i fondi per l'ippica, le ex Ipab, il personale esodato delle Poste, le pensioni del personale della scuola.
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