
La bomba e gli attentati? «II clima è preoccupante. Ma è quello che è stato creato e voi sapete quali sono stati gli argomenti usati e messi in campo in questa campagna elettorale». Sfiduciato? «No. Sono sempre convinto che la positività sia il migliore atteggiamento dello spirito». Silvio Berlusconi vota nella solita sezione della scuola Dante Alighieri in via Scrosati a Milano, quella a cui lo lega «un profondo affetto perché venivo sempre qui con la mia mamma». Mancano venti minuti al mezzogiorno quando il premier si presenta al seggio, camicia senza cravatta e giacca blu, il sorriso di sempre. I presenti gli regalano il primo applauso, una signora lo invita a «non mollare e lui replica: «Resisto, anche perché se molliamo ci troviamo Di Pietro».
L’arrivo in anticipo prende tutti in contropiede: ad accoglierlo per il partito ci sono soltanto il vicecoordinatore regionale Giancarlo Serafini e il responsabile dell’organizzazione, Doriano Riparbelli. Anche al seggio viene scelto il low profile: non c’è la solita parata per la richiesta degli autografi, il presidente di seggio non deve intervenire per allontanare lo staff, non ci sono barzellette né battute. Come ogni elettore, il premier presenta il suo documento, il passaporto, e vota. A chi gli chiede come passerà la giornata si limita a spiegare che «andrò dai miei nipotini, ho comprato un teatrino e devo giocare con loro».
Intorno si forma un piccola folla che applaude ancora e il premier spiega ai giornalisti la «sindrome del candidato»: «Siccome sei circondato sempre dalla tua gente, che ti stima, ti apprezza e ti ama, ti sembra che voti per te il cento per cento delle persone...». Poi ribadisce la soddisfazione per l’accordo raggiunto in Libia, «aver eliminato l’embargo è stato un risultato davvero molto positivo». L’ultima battuta è sul caso Milano e sulle pressioni che la Lega ha fatto in campagna elettorale sul futuro di Palazzo Marino, ventilando l’ipotesi di un sindaco leghista: Berlusconi sorride e minimizza, «sono cose pre voto, comprensibilissime, ma finiscono lì». Per evitare l’assembramento e le prime proteste di chi non riesce a entrare al seggio, il premier si allontana più velocemente del solito: saluterà ancora la piccola folla, presentandosi con in mano un ramoscello d’ulivo, dono di un elettrice che era stata alla messa della Domenica delle Palme. Poi, via ad Arcore: pranzo con i figli e pomeriggio di riposo, senza neppure la partita a San Siro..
Vota a Milano anche Umberto Bossi, che all’uscita dal seggio spende parole sul rapporto tra Lega e Pdl («Al sorpasso non ci ho mai pensato, certo prendiamo tanti voti, ma la questione sorpasso sì o no è secondaria») ribadendo la solidità del legame col premier: «Io e lui troviamo sempre un accordo. Sono alleato fedele di Berlusconi così come lui è un alleato fedele della Lega e questo da fastidio a qualcuno. Guardate Casini che schiuma di rabbia...». Quanto all’attentato, Bossi è sicuro che «la gente saprà scegliere e sa come legnare i matti». E il clima pre elettorale? «La sinistra sta un po’ dando i numeri...».
© 2010 Corriere della Sera. Tutti i diritti riservati