
Oltre diecimila ultranazionalisti serbi hanno manifestato ieri sera in una Belgrado blindata a favore di Ratko Mladic, l'ex generale serbo-bosniaco catturato giovedì scorso dopo 16 anni di latitanza, e in attesa di essere estradato al Tribunale penale dell'Aja (Tpi) con l'accusa di genocidio e crimini contro l'umanità.
Controllati a vista da massicci cordoni di agenti antisommossa, i dimostranti - tra musiche patriottiche e bandiere nazionaliste con l'effigie del «comandante» - hanno scandito a lungo slogan inneggianti a Mladic e contro il presidente Boris Tadic, definito uno «sporco traditore degli interessi della Serbia», avendo avallato la cattura dell'«eroe» e la sua consegna al Tribunale dell'Aja.
«La Serbia ha dignità e onore, e noi siamo venuti qui per lavare la vergogna che ci ha versato addosso Boris Tadic», ha detto ai dimostranti Dragan Todorovic, vicepresidente del Partito radicale serbo (Srs, ultranazionalista), organizzatore del raduno. Leader del partito è Vojislav Seselj, attualmente sotto processo al Tpi dell'Aja con l'accusa di crimini di guerra.
«Tadic non è la Serbia» si leggeva su un grande striscione sistemato intorno al palco allestito sulla spianata antistante il Parlamento nel centro di Belgrado. In tanti indossavano magliette con l'effigie di Mladic e lo slogan «È forse un crimine difendere la Serbia?». Numerosi gli striscioni e i cartelli con il ritratto dell'ex generale e slogan patriottici e nazionalistici.
«La nostra legge vieta l'estradizione in un altro paese di persone non in grado di affrontare un processo», ha detto dal palco il figlio di Ratko Mladic, Darko. «Mio padre non è un criminale, lui ha solo difeso il popolo serbo e ha evitato un nuovo massacro di serbi come quello avvenuto (nella seconda guerra mondiale) a Jasenovac, ha aggiunto Darko Mladic, che ha poi invitato «tutti gli onesti generali russi, americani, canadesi e di altri paesi che furono in contatto con Mladic a dire la verità su di lui».
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