
Sembra che i conduttori dei vari programmi di approfondimento politico televisivo, i Bruno Vespa, i Giovanni Floris, i Gianluigi Paragone, per fare dei nomi, siano in momentanea crisi.
I loro "ospiti", in buona parte decaduti, non sono più personaggi appetibili; non sono più personaggi che con le loro intemperanze e i loro insulti fanno spettacolo. Dunque non sanno ancora bene chi invitare; perché è evidente: il neo ministro della giustizia Paola Severino non si comporta come Daniela Santanché, il ministro della difesa Giampaolo Di Paola fortunatamente è l'opposto di un esagitato come Ignazio La Russa, il ministro Andrea Riccardi è altra cosa da un Giorgio Stracquadanio.
Addio dunque alle tele-risse? Auguriamocelo.
Visto che sembrano essere in crisi, si potrebbe provare a suggerir loro di occuparsi finalmente di "contenuti", che non mancano certo. Uno, tra i tanti esempi che si potrebbero fare, riguarda lo stato delle carceri e lo sfacelo della giustizia, che tra le tante cose deve fare i conti con una quotidiana amnistia di classe costituita dalle prescrizioni: perché ne beneficia solo chi si può permettere un buon avvocato e ha buone amicizie; e clandestina perché è tenuta nascosta, non se ne parla e non se ne deve parlare: sono circa 150mila i processi che ogni anno vengono chiusi per scadenza dei termini. Per reati come la corruzione o la truffa, c'è ormai la certezza dell'impunità.
Nel 2008, oltre 154mila procedimenti sono stati archiviati per prescrizione; nel 2009 oltre 143mila. Nel 2010 circa 170mila. Quest'anno si calcola che si possa arrivare a circa 200mi1a prescrizioni. Ogni giorno almeno 410 processi vanno in fumo, ogni mese 12.500 casi finiscono in nulla.
I tempi del processo sono surreali: in Cassazione si è passati dai 239 giorni del 2006 ai 266 del 2008; in tribunale da 261 giorni a 288; in procura da 458 a 475 giorni. Spesso ci vogliono nove mesi perché un fascicolo passi dal tribunale alla corte d'appello. A Roma e nel Lazio, per esempio, quasi tutti i casi di abusivismo edilizio si spegneranno senza condanna, gli autori sono destinati a farla franca. A Milano, nel 2010 l'accumulo è cresciuto del 45 per cento, significa più di 800 processi l'anno che vanno a farsi benedire. Nel solo Veneto si contano 83mila pratiche abbandonate in una discarica dove marciscono tremila processi l'anno.
In questi giorni, anzi in queste ore, sta accadendo un qualcosa che al di là del significato politico che pure c'è, ha anche una indubbia rilevanza giornalistica: una quantità di esponenti di organizzazioni cattoliche, Sant'Egidio, Acli, Comunione e liberazione, per fare esempi di gruppi che a volte, spesso, sono tra loro lontani, si stanno ritrovando sul comune obiettivo dell'amnistia e del dover trovare con urgenza risposte e soluzioni al dramma che si consuma ogni giorno nelle carceri e allo sfacelo della giustizia.
Era già accaduto in occasione della lotta contro lo sterminio per fame nel mondo e per la moratoria della pena di morte; più di recente è accaduto in occasione delle iniziative sull'immigrazione e il tentativo di dare risposte diverse dalla sciagurata legge Bossi Fini; ci si ritrova oggi sulla questione giustizia come documenta la conferenza stampa di lunedì a Milano nella sede del settimanale Tempi. E con gli esponenti di questo variegato mondo cattolico troviamo i radicali "laici laicisti", "anticlericali ottocenteschi". Diavolo e acqua santa? Forse c'è altro e di più, e sarebbe probabilmente interessante da approfondire.
Anche solo dal punto della curiosità, del "colore", come si dice in gergo, è un qualcosa che dovrebbe interessare e fare notizia. Invece no, ancora una volta ci si occupa d'altro, e nessuno mostra curiosità e si chiede cosa abbiano mai in comune un Marco Pannella e un Luigi Amicone, un don Antonio Gallo e un don Luigi Ciotti, i radicali e Sant'Egidio e via così.
Dicono che sí tratta di argomenti, di questioni pesanti, che annoiano; che lo spettatore televisivo non ama, non segue, che non interessa. Chissà perché chi guarda la televisione deve necessariamente essere un poveretto che vuole so-, lo rincretinirsi davanti a giochini stupidi o finti reality show.
Poi, naturalmente, arrivano le sorprese: una volta sono le trasmissioni di Roberto Saviano, che fanno picchi d'ascolto ineguagliati quando porta in tv Mina Welby e Beppino Englaro che raccontano le loro storie; e recentemente i lusinghieri ascolti che hanno registrato le poche trasmissioni televisive su Raitre e Canale5 che hanno mostrato spezzoni e immagini del documento-inchiesta realizzato dai due giornalisti free lance Simone Sapienza e Valentina Ascione che per alcuni mesi hanno girato nelle carceri italiane, ricavandone un impressionante documentario che potete vedere nella sua interezza navigando con un po' di pazienza nei siti radicali.
Ecco, sono solo due esempi di buona, ottima televisione che è stata premiata dagli ascolti e che ha affrontato argomenti cosiddetti "noiosi" e pesanti, e che lo spettatore ha mostrato di gradire. Segno che se si vuole fare, si può fare. E se si può, si deve.
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