
Sul tema caldo delle tasse, il Bollettino economico della Banca d’Italia riserva una notizia. Secondo i conteggi degli esperti del governatore Mario Draghi, lo scorso anno la pressione fiscale è salita al 43,2% dal 42,9. Sempre nello stesso periodo, il reddito delle famiglie è calato di oltre due punti in termini reali. Per il domani, vi sono segni di miglioramento nella produzione industriale e nel comparto delle costruzioni. A febbraio - dati Istat - anche le esportazioni sono aumentate del 7,3% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, il miglior risultato dal 2008. Ma la ripresa dell’economia è ancora debole, i consumi sono stagnanti e il calo dell’occupazione prosegue anche nei primi mesi del 2010: a febbraio, rispetto al picco dell’aprile 2008, il numero degli occupati risultava inferiore di 700 mila unità, con un tasso di disoccupazione dell’8,5%, il massimo da marzo 2003. Per i giovani, è più del triplo: sono a spasso il 28,2%. I conti pubblici invece vanno meglio degli altri: certo, si sono «fortemente deteriorati» pervia della crisi, ma in maniera «più contenuta» rispetto agli altri partner che hanno dovuto sobbarcarsi il peso di importanti salvataggi bancari. L’Italia no. L’obiettivo di un disavanzo del 5% nel 2010, indicato dal governo nell’aggiornamento del Patto di Stabilità, implica però «un sensibile aumento delle entrate e una netta decelerazione della spesa primaria».
Nel linguaggio freddo dei numeri, il Bollettino fotografa un paese che fatica a riavviare i motori, rallentato dalle conseguenze della crisi che si aggiungono alle sue storiche debolezze, «ritardi strutturali», nel gergo degli economisti.
Dopo aver accusato un crollo del Pil del5% l’anno scorso, l’Italia fa i conti con delle prospettive di crescita tuttora incerte, su cui pesano «la debolezza ella domanda interna e la lenta ripresa dell’export». Le famiglie temono per il lavoro e dispongono di un reddito inferiore. I consumi ristagnano, fenomeno reso ancora più evidente dopo la fine degli incentivi alla rottamazione delle auto: un loro «stimolo temporaneo» dovrebbe arrivare, secondo questa analisi, a partire da aprile, grazie agli incentivi decisi dal governo. Ma questi stimoli non risolvono i ritardi strutturali resi evidenti dal «dinamismo insufficiente» delle vendite all’ estero che risentono del differenziale di competitività dell’Italia con altri paesi. Scrivono gli esperti: «ritardo con cui le nostre vendite all’estero hanno seguito la dinamica della domanda mondiale è da ricondurre agli stessi fattori che le avevano penalizzate in precedenza: una perdita di competitività di prezzo superiore a quella osservata in Francia e Germania; una specializzazione settoriale tuttora sbilanciata verso i comparti tradizionali del manifatturiero; una limitata presenza nei mercati emergenti più dinamici, come quelli dell’Asia».
Sul versante delle imprese, e in particolare sui loro piani di investimento pesa«il crollo dei profitti dello scorso biennio». In compenso, c’è più ottimismo per gli ordinativi e le attese di produzione. A febbraio però, è proseguito il calo dei prestiti bancari; si è contratto quello concesso dai primi cinque gruppi bancari e le imprese continuano a segnalare difficoltà di accesso al credito.
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