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Il «New York Times» denuncia un caso di abusi che investe Benedetto XVI, la madre di una delle vittime accusa il Papa di «mentire» e il «Network dei sopravvissuti alle violenze» organizza una protesta in Piazza San Pietro spiegando, con i portavoce a Chicago, di «voler spingere le vittime europee a rompere il silenzio come è già avvenuto negli Stati Uniti».
Tutto è avviene nelle ultime 36 ore con una rapida successione di eventi che trasforma il Pontefice in un sospetto nello scandalo che sta flagellando la Chiesa cattolica americana. Il momento d'inizio è nella tarda serata di mercoledì, ora di New York, quando sul sito Internet del quotidiano diretto da Bill Keller appare con grande evidenza l'articolo firmato da Laurie Goodstein che ricostruisce come «alti funzionari del Vaticano, incluso il futuro Papa Benedetto
XVI, non obbligarono a rinunciare alla tonaca un prete che molestò circa 200 ragazzi sordi» nonostante diversi vescovi americani li avessero ammoniti sulle conseguenze negative per la Chiesa di tale vicenda.
Il «New York Times» ricostruisce quanto avvenuto sulla base delle lettere inviate dai vescovi del Wisconsin al cardinale Joseph Ratzinger, quando era titolare della Congregazione per la dottrina della fede. Il prete in questione è Lawrence Murphy che dal 1950 al 1974 lavorò in una scuola per bambini sordi e, secondo i racconti delle vittime, «gli abbassava i pantaloni e li toccava nel suo ufficio, nella sua macchina, nella casa di campagna della madre durante le gite scolastiche e nei dormitori la notte».
Nel 1996 l'arcivescovo di Milwaukee, Rembert Weakland, scrisse in proposito a Ratzinger due lettere senza avere risposta ma otto mesi dopo il suo vice Tarcisio Bertone - oggi Segretario di Stato - chiese ai vescovi del Wisconsin di istruire un processo canonico segreto che avrebbe potuto portare alla cacciata di Murphy. Ma quel processo venne fermato «dopo che padre Murphy scrisse personalmente al cardinale Ratzinger affermando che si era pentito, era in cattiva salute ed il caso esulava dai limiti degli statuti della Chiesa» scrive il «Times», che ha ottenuto i testi delle lettere dagli avvocati di cinque vittime che hanno fatto causa all'arcidiocesi di Milwaukee. Murphy non subì mai alcuna azione disciplinare, venne trasferito nel 1974 nel nord Wisconsin e visse altri 24 anni lavorando liberamente in scuole e parrocchie fino alla morte nel 1998, quando venne sepolto con la tonaca indosso.
Per il «New York Times» il caso di Murphy è la cartina tornasole della scelta del Vaticano di limitare al massimo la punizione dei responsabili di atti di pedofilia. La madre di una delle vittime di Milwaukee, Lynn Pilmaier, chiama in causa direttamente il Pontefice: «Quando pronuncia le scuse il Papa mente, la Chiesa deve rispondere alle proprie responsabilità e cessare di nascondersi dietro la fede». A spingerla a parlare è Peter Isely, direttore del «Survivors Network of Those Abused by Priest» (Snap) che riunisce le vittime degli abusi, secondo cui «nel caso di Murphy il compito di Ratzinger fu di tenere tutto segreto». Proprio allo «Snap» appartengono i quattro attivisti che sono giunti in Piazza San Pietro per protestare contro il Papa poche ore dopo che l'articolo dei «Times» è apparso online, finendo in manette perché privi di autorizzazione.
«I nostri erano andati a Roma da una settimana ed abbiamo colto l'occasione per manifestare» spiega da Chicago il portavoce David Clohessy, parlando di «coincidenza» fra l'articolo e la
protesta, e preannunciando nuove iniziative in Italia e Europa: «Vogliamo essere presenti anche da voi per creare l'atmosfera adatta a spingere le vittime ad uscire allo scoperto».
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