
Mentre gli ordini illustravano al guardasigilli principi e proposte, i senza albo al grido di "Libertà alle professioni", capeggiate dai radicali Mario Staderini e Michele De Lucia (rispettivamente segretario e tesoriere di Radicali italiani), protestavano nelle adiacenze del ministero di via Arenula per essere stati esclusi dagli Stati generali delle professioni. Considerate le dichiarazioni dei giorni precedenti degli stessi radicali, delle associazioni di categoria ma anche dalle quelle sindacali (Cgil), si attendeva a Roma una nutrita rappresentanza. Che, invece, era ridotta a poche decine. «Questi stati generali delle professioni», è la denuncia dei radicali, «di "generale" non hanno nulla. Perché vi partecipano i soli rappresentanti degli ordini professionali, per un incontro all’insegna della conservazione, del corporativismo e della concertazione». Così anche Arvedo Marinelli dell’Ancot che ribadisce come uno statuto delle professioni
fatto solamente con gli ordini significa non tenere in conto che esiste anche una realtà diversa. Non siamo contro gli ordini, ma le attività libere devono rimanere tale e le riserve non devono crescere".
Per Fausto Perazzolo Marra presidente della Lait, la Libera associazione italiana dei consulenti tributari e dei servizi professionali è invece "indispensabile creare un ambito giuridico, normativo e operativo certo che qualifichi e certifichi il nuovo professionista". "C’è necessità", dice Antonello Siclè dei fisioterapisti "di regolamentare questa professione. Il ministero vuole invece irrigidimentare gli ordini esistenti, aumentando le esclusive e lasciando fuori gli altri"."Il governo", dice poi Gianfranco Ziccaro in rappresentanza degli informatici, «deve fare un intervento reale delle professioni e non le facciate: il paese ha bisogno di professioni snelle capaci di adattarsi ai cambiamenti". Infine Roberto Falcone presidente della Lapet, non presente al sit-in che denuncia comunque come una riforma vera non possa non tenere conto delle norme europee già recepite, e prospettare in maniera antistorica la cancellazione delle liberalizzazioni".
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