
Le associazioni gay scrivono a monti per sollecitare il sostegno a un'Europa dei di ritti e non solo dell'euro o dei mercati. Il prossimo 18 settembre il comitato dei Ministri del Consiglio di Europa terrà un dibattito sul tema dei diritti delle persone Lgbti (lesbiche, gay, bisex, trans, intersessuali). «Certi diritti», «Arcilesbica» e «Ireos» chiedono che il governo italiano si impegni affinché il Consiglio dedichi risorse importanti per l'affermazione dei diritti e per il contrasto delle discriminazioni nei 47 Paesi europei che lo compongono. Nel 2010 il Comitato si era già espresso con una Raccomandazione, nel frattempo «importanti sentenze della Corte Europea dei Diritti Umani hanno elevato gli standard sui diritti umani del Consiglio d'Europa in relazione all'orientamento sessuale e all'identità di genere. Questo però non è ancora sufficiente», si legge nella lettera che le associazioni hanno inviato al premier e a Terzi, Fornero e Moavero Milanesi in quanto ministri degli Esteri, delle Politiche sociali e degli Affari europei.
Non è tutto, le associazioni ricordano che nel maggio scorso il Segretario Generale Thorbjørn Jagland ha ribadito che la discriminazione e i pregiudizi nei confronti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender continuano ad amareggiare la vita di milioni di europei e non possono essere ignorati. Il Consiglio in questi anni non è stato a guardare, un report del 2011 (http://hub.coe.int/) ha richiamato l'attenzione sulla pericolosa assenza di normative che affligge alcune nazioni.
«Le statistiche del Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa per il 2011 - si legge nella relazione - hanno rivelato che dietro a un apparente progresso si nasconde il fatto che l'80 per cento della popolazione di alcuni paesi europei respinge l'omosessualità». Ancora: «Nove tra gli Stati membri del Consiglio d'Europa non dispongono di una normativa che tuteli i diritti degli omosessuali» e l'Italia è proprio fra questi. In più: «Molte persone rimangono invisibili nella vita quotidiana per paura delle reazioni negative a scuola, sul lavoro, con parenti e amici. Temono che dichiarandosi possano subire rifiuti, violenza e discriminazioni».
In alcuni paesi sono state portate avanti campagne di formazione a diversi livelli per contrastare i pregiudizi, ma il lavoro va continuato a tappeto. In sede di Consiglio d'Europa gli studi parlano chiaro: gli impegni per i diritti Lgbt urgono. Ma è necessario che i singoli governi spingano per i finanziamenti e si impegnino a far rispettare i diritti.
Di qui la richiesta delle associazioni perché vengano «implementate serie politiche contro le discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e l'identità di genere». Non si tratta di una questione di «diritti speciali» - precisano - , ma del godimento dei «diritti umani da parte di tutti».
Il Consiglio d'Europa è nato nel 1949 proprio con la «mission» di favorire uno spazio democratico e giuridico comune nel rispetto della convenzione europea dei diritti dell'uomo e di altri testi a tutela dell'individuo. I governi che formano il Consiglio non possono stare a guardare. Non fare nulla equivarrebbe a sposare pregiudizi e discriminazioni. Secondo le associazioni: «Omettere di agire significherebbe prestare il fianco alla critica di essere acquiescenti rispetto alle discriminazioni che la Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato in molte occasioni».
© 2012 da l'Unità. Tutti i diritti riservati