
Il prossimo ministro della Giustizia sarà pressato da varie parti perché affronti con priorità questa o quest'altra questione. È comprensibile, visto che il blocco imposto dalla magistratura organizzata blocca da anni qualsiasi riforma organica della giustizia. Mentre cerca di trovare il filo di un discorso riformista in grado di ottenere un consenso sufficiente, il Guardasigilli dovrebbe occuparsi invece dell'emergenza carceraria, che sta diventando davvero intollerabile. Su questo tema, che ha spinto Marco Pannella a praticare lo sciopero della fame e della sete, si sta concentrando finalmente l'interesse anche di settori piuttosto vasti della politica. Il presidente del Senato, Renato Sehifani, dopo aver ricevuto il patriarca radicale, ha dato il via a una "cellula di crisi" congiunta per affrontare la questione del sovraffollamento degli istituti di pena, che rende penosa la condizione dei carcerati ma anche quella degli agenti di custodia. Numerosi parlamentari (269 deputati e 100 senatori) di ambedue gli schieramenti hanno sostenuto la richiesta di interventi urgenti, sui quali quindi è probabile si possa radunare una maggioranza bipartisan. Ora si tratta di passare ai fatti, e questo dovrebbe essere il primo impegno del nuovo ministro della Giustizia. Le cose che si possono fare, anche se non ci sono le condizioni per promulgare un'amnistia come richiede Pannella, sono molte. Dalla messa a disposizione effettiva delle carceri già costruite ma non ancora omologate, all'applicazione estensiva della concessione degli arresti domiciliare a chi deve scontare l'ultimo anno di pena, alla estensione delle pene alternative al carcere ai reati che non destano allarme sociale, all'abbassamento della soglia d'età al di sopra della quale non si ricorre alla carcerazione, a misure specifiche per i carcerati ammalati. Se il clima politico è dì collaborazione e se il ministro saprà sfruttarlo, non è proibito sperare che qualcosa di buono si possa fare e molto presto.
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