
Scivola il governo, per un solo voto, su un emendamento del disegno di legge sul Lavoro. E la maggioranza, con 106 assenti, 95 nel solo Pdl, va in fibrillazione. Gli scambi di accusa sono pesanti. I «finiani» finiscono nel bersaglio, malgrado l’esame dei tabulati mostri che i vuoti sono equamente distribuiti. Simone Baldelli, segretario d’Aula del Pdl, ha escluso qualsiasi significato politico. Gianfranco Fini ha respinto i sospetti. «Se sì pensa che il governo è andato sotto per le assenze dei finiani, siamo alla caccia alle streghe». La votazione finale della legge avrà comunque luogo questa mattina.
Quando il clamoroso incidente è accaduto, Berlusconi ha subito mandato in esplorazione Paolo Bonaiuti. Ma a quel punto il patatrac era alle spalle. Cesare Damiano, Pd, ha presentato un emendamento sul quale il governo aveva espresso parere contrario. Un emendamento di forte valenza politica sull’arbitrato (consente al lavoratore di poter scegliere solo dopo un’eventuale controversia con il datore di lavoro, non all’inizio del rapporto) per un ddl che, nel mese scorso, ha subìto il severo altolà del Quirinale che ha rifiutato di firmarlo, rinviandolo alle Camere per la correzione.
I sì sono stati 225, i no 224. E la caccia agli assenti è cominciata. In tutto, 106, 95 nel Pdl, 11 nella Lega. In missione ben 45, ma tutti giustificati, come Fabrizio Cicchitto, capogruppo. Altri 50 ingiustificati, tra cui Italo Bocchino. Nella Lega (che ha rinnovato il capogruppo, Marco Reguzzini, al posto di Cota) 8 parlamentari erano in missione, 3 assenti. Tra i 50 ingiustificati, alcuni finiani, oltre a Bocchino, Lo Presti, Granata, Flavia Perina, Moffa, Raina. E poi i berlusconiani Verdini, coordinatore Pdl, Biancofiore, Berruti, Cosentino, Ghedini. Anche alcuni ministri, Gehnini e Fitto (giustificato). Assente anche Cota, governatore del Piemonte.
In Transatlantico si è sfiorata la rissa tra il berlusconiano Giancarlo Lehner e i finiani Lo Presti e Granata. Sono volate parole grosse quando Lehner li ha accusati di aver teso un «agguato». Ma a Lo Presti e a Granata quel sospetto non è andato giù. C’è stato anche qualche spintone. Smentito da tutti i protagonisti. Lo Presti ha raccontato: «Ho solo detto in faccia a Lehner quello che penso di lui per la maramaldesca e strumentale affermazione. Il balordo commento di Lehner è assolutamente ingiustificato ove si consideri che i deputati vicini a Fini non sono certi 111. La lealtà al governo è fuori discussione».
Alla fine a dividere i tre, è intervenuto Simone Baldelli, il quale, con i cronisti ha cercato di chiudere la vicenda così: «A scanso di ogni equivoco, preciso che le assenze sono state causate dal colpevole ritardo con il quale alcuni di loro si sono presentati in aula». Non ha infierito neppure D’Alema: «Il governo va sotto spesso perché ha una maggioranza indisciplinata e pigra». Per Dario Franceschini, Pd, questo è il frutto di una divisione ben più profonda.
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