
«Quel che mi preme riprendere e sottolineare è un dato molto significativo [...]: e cioè il peso gravemente negativo di oscillanti e incerte scelte politiche e legislative. Oscillanti e incerte tra tendenziale, in principio, depenalizzazione e "depenitenziarizzazione", e ciclica ripenalizzazione con crescente ricorso alla custodia cautelare, abnorme estensione, in concreto, della carcerazione preventiva. Di qui una realtà che ci umilia in Europa e ci allarma, per la sofferenza quotidiana - fino all'impulso a togliersi la vita - di migliaia di esseri umani chiusi in carceri che definire sovraffollate è quasi un eufemismo, per non parlare dell'estremo orrore dei residui ospedali psichiatrici giudiziari, inconcepibile in qualsiasi paese appena appena civile [...].
Evidente in generale è l'abisso che separa, come si è detto, la realtà carceraria di oggi dal dettato costituzionale sulla funzione rieducatrice della pena e sui diritti e la dignità della persona. È una realtà non giustificabile in nome della sicurezza, che ne viene più insidiata che garantita, e dalla quale non si può distogliere lo sguardo, arrendendosi all'obbiettiva constatazione della complessità del problema e della lunghezza dei tempi necessari[...] per l'apprestamento di soluzioni strutturali e gestionali idonee. C'è un'emergenza assillante, dalle imprevedibili e al limite ingovernabili ricadute, che va affrontata senza trascurare i rimedi già prospettati e in parte messi in atto [...] ma esaminando ancora con la massima attenzione ogni altro possibile intervento e non escludendo pregiudizialmente nessuna ipotesi che possa rendersi necessaria». Non è Marco Pannella a parlare, né Rita Bernadini. Non sono, queste, parole di un avvocato, di un dirigente penitenziario, di un educatore o di un qualsiasi altro operatore che vive dall'interno la realtà carceraria. Quelli riportati sono solo alcuni passaggi dell'intervento tenuto in occasione del convegno "Giustizia! In nome della legge e del popolo sovrano" dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Massimo garante di quella Costituzione che in tanti s'affrettano a difendere ogni volta che qualcuno manifesta l'intenzione di modificarla, senza tuttavia batter ciglio se i dettami della Carta vengono quotidianamente, costantemente, violati e calpestati nelle nostre prigioni. Le parole del Capo dello Stato tracciano un segno nel drammatico corso della crisi del sistema penitenziario. Lasciarle cadere sarebbe troppo perfino in un Paese come il nostro, dove la soglia dell'inaccettabile è così alta da sembrare quasi irraggiungibile.
Il tempo di agire è scaduto. È giunto il momento di correre.
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