
25/11/10
È Vita (Avvenire)
Sul settimanale satirico Cuore c’era una volta la rubrica «Vergogniamoci per loro», presentata come un «servizio di pubblica utilità per chi non è in grado di vergognarsi da solo». Forse oggi dovremmo ricordare quella rubrica proprio a Michele Serra, il fondatore di Cuore. Chiedendogli se non crede di meritarla dopo il corsivo che ieri (martedì, ndr) ha pubblicato sulla Repubblica. Io penso che gli esseri umani, seppure divisi da occasionali diversità di vedute, possano e debbano incontrarsi nell’universale pietà per il dolore che segna tragicamente la nostra condizione umana. Credo che Serra dovrebbe rifletterci seriamente. Purtroppo ieri, lui che è uno degli autori di «Vieni via con me», ha liquidato col ditino alzato la richiesta di molte persone affette da gravi malattie, che lottano per vivere e per vivere in condizioni migliori, di potersi raccontare in quel programma così come, nello stesso , programma, è stata raccontata la storia di Welby e degli Englaro. Da una settimana questi malati lo chiedono ogni giorno dalla prima pagina di Avvenire, denunciano che si sentono soli, silenziati e che vogliono continuare a vivere. Ma a quanto pare Serra; Saviano, Fazio e compagni, hanno decretato ché costoro non hanno diritto di parola nella "loro" televisione. (...) Con una vena di (spero involontaria) ironia. Serra è arrivato a quanti li assistono hanno «un vantaggio oggettivo» (sic!), che sarebbe di senza ostacoli giuridici e alcuna ostilità di tipo etico». Mi auguro che chi scrive cose del genere non debba mai sperimentare direttamente, sulla propria pelle o su quella dei suoi cari, questo meraviglioso «vantaggio» di cui favoleggia. Spero che non conosca mai lo strazio disumano di vedere un giovane figlio in coma e di non sapere se si sveglierà e in quali condizioni. (...) Sulla sua comoda amaca, Serra sembra non curarsi del grido di aiuto che sale da tante famiglie che letteralmente si svenano e si sfasciano per poter soccorrere i loro figli precipitati nel buio. Costoro non hanno diritto di raccontare la loro strenua lotta per la vita a «Vieni via con me». Anzi.
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