
27/10/10
il gazzettino
Alla fine la condanna a morte a Baghdad è arrivata, inesorabile, anche per Tareq Aziz. All'ex ministro degli Esteri di Saddam Hussein, già processato più volte (sconta una condanna a 15 anni di carcere) finora era stato risparmiato il capestro. Ieri, invece, l'Alta Corte irachena ha deciso che dev'essere impiccato, per il ruolo avuto nella persecuzione e deportazione dei curdi sciiti. La sentenza è «inaccettabile», ha dichiarato la responsabile della politica estera dell'Ue Catherine Ashton.
La Santa Sede ha preannunciato un intervento diplomatico per chiedere clemenza. Lo stesso farà il governo italiano, come ha dichiarato il ministro degli Esteri Franco Frattini Anche dal mondo politico italiano molti appelli e proteste: da Buttiglione a Formigoni, da Stefania Craxi alla Bonino. Marco Pannella ha annunciato uno sciopero della fame e della sete e i frati di Assisi hanno indicato Aziz come «il volto più ragionevole che ha limitato probabilmente decisioni più gravi del regime di Saddam Hussein». Ad Aziz, l'unico esponente di origine cristiano-caldea dell'ex regi- me, il "raìs" aveva affidato il delicato compito di tenere aperto il dialogo con l'Occidente, in particolare con Washington.
Ruolo che l'ex giornalista, nato nel 1936 a Mossul, nel nord, ha svolto con abilità diplomatica ed efficacia propagandistica, senza però riuscire a fermare - dopo la Desert Storm del 1990-91 per liberare il Kuwait dall'invasione irachena - la seconda Guerra del Golfo, che nel 2003 ha spazzato via il regime. "Otto di picche" nel famoso mazzo di carte del Pentagono che rappresentava i 52 notabili saddamisti allora super-ricercati, Aziz (che aveva arabizzato il suo vero nome, Michael Yuhanna, per non precludersi la carriera politica) è stato detenuto nel carcere Kazimiya di Baghdad sotto custodia americana. Con altri 26 ex gerarchi detenuti è passato lo scorso luglio sotto le autorità irachene. Alcuni mesi fa, nella sua prima intervista dopo l'arresto, aveva attaccato la decisione del presidente Barack Obama «di abbandonare l'Iraq al suo destino», ritirando le truppe Usa.
Vicepremier oltreché capo della diplomazia, e membro del Consiglio del Comando della Rivoluzione del regime Baath, il 14 febbraio 2003 poco prima dell'invasione americana dell'Iraq, si era recato in Vaticano, da Giovanni Paolo II - il Papa fortemente critico verso qualunque ricorso alla guerra - nella speranza che potesse congelare l'attacco.
Dopo l'invasione dell'Iraq, Aziz spari per due settimane e poi si consegnò agli americani. Da allora è rimasto in carcere. Gli appelli per la sua liberazione motivati da una grave cardiopatia, sono caduti nel vuoto. Sono cinque gli ex capi del regime Baath finora giustiziati con l'impiccagione in Iraq: oltre a Saddam Hussein, sono Alì Hassan al-Majid detto "Ali il Chimico" cugino ed ex braccio destro del Rais; Taha Ramadan, ex vicepresidente; Barzan Tikriti, fratellastro del dittatore ed ex capo dei servizi segreti; Awad al-Bandar già presidente del tribunale rivoluzionario. In attesa di esecuzione restano Saadun Shaker ex ministro della polizia; Abed Ammud, segretario particolare di Saddam; Sultan al-Taí, ministro della difesa del regime; Sabr Abdelaziz ad Duri, capo dei servizi di sicurezza militari; e infine i due fratellastri dell'ex rais, Watban ex ministro degli interni e Sibawi al-Hassan, ex responsabile dell'intelligence politica.
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