
Il Pannella maltese si chiama Jeffrey Pullicino Orlando, professione dentista: da ieri si è assicurato un posto nella storia dell'arcipelago (il più cattolico e il meno popoloso dei 27 Paesi dell'Ue) oltre a un certo risparmio sul proprio conto in banca. Separato dalla moglie (deputata dell'opposizione laburista), l'onorevole Pullicino (partito Nazionalista) era rassegnato a pagarsi un costoso divorzio all'estero (ammesso dalla legge come l'annullamento delle nozze da parte delle autorità ecclesiastiche). Invece il referendum da lui promosso è passato. Di poco ma è passato: nell'anno domini 2011 il 52,67% dei maltesi hanno detto sì al divorzio, in una delle consultazioni più calde che Malta ricordi.
Da una parte la Chiesa cattolica pesantemente coinvolta nella campagna elettorale, anche con anatemi dai pulpiti (metà dei maltesi va a messa la domenica) e poster giganti nelle strade («Kristu Iva, divorzju le»). Dall'altra un fronte laico che ha agitato lo spettro del Medioevo e quello della violenza familiare: «E se fosse tua figlia?» era lo slogan di un manifesto accanto all'immagine di una moglie picchiata. Insomma roba da Peppone e don Camillo, o da Pannella e Fanfani se vogliamo paragonarlo al nostro referendum del 1974. Quello italiano si concluse con una vittoria chiara dei divorzisti: 59,3% di «iva» (si direbbe in maltese) e 40,7% di «le». Il voto sulle sei isole a sud della Sicilia, indipendenti dal 1964, è stato più combattuto (i sondaggi davano il risultato «troppo incerto» per fare previsioni). Una battaglia che sembra di un'altra epoca, di un altro mondo: fino a ieri erano rimasti due Paesi (curiosamente, due arcipelaghi) a ritenere il matrimonio indissolubile per legge. Il Cile aveva accettato il divorzio nel 2004, la devota Irlanda nel 1995. Adesso ci sono soltanto le Filippine (oltre naturalmente al Vaticano) a tenere alta la bandiera del «finché morte non vi separi». Malta l'ha ammainata e le reazioni in loco hanno un'enfasi, sfasata rispetto al nostro tempo, che fa quasi sorridere: «Un passo decisivo verso una società moderna e liberale, così entriamo davvero in Europa», ha gioito il dentista Pullicino (che come gli altri onorevoli maltesi - un'abitudine da copiare anche in Italia? - di giorno continua a praticare la sua professione). «Una prova di solidarietà» l'ha chiamata Deborah Schembri, tosta avvocata di famiglia tra i leader del movimento pro-divorzio. «Rispetteremo la volontà del popolo anche se non è la nostra» ha detto con faccia da funerale il primo ministro Lawrence Gonzi, il Fanfani della situazione, leader del partito Nazionalista (e pronipote di un arcivescovo). Una battaglia trasversale ai partiti (Gonzi è il leader di Pullicino) che fa onore alla democrazia maltese. Una battaglia tra vecchio e nuovo? A Malta la Chiesa conserva un'influenza che altrove ha perso (i1 95% della popolazione si professa cattolico), appena scalfita dagli scandali legati alla pedofilia nel clero. È un religioso il capo della Borsa, per dire. E il ministro delle Finanze Tonio Fenech così si era appellato ai votanti: «La Madonna è triste per il fatto che Malta sta pensando di introdurre il divorzio».
Il fattore religioso, certo, ha avuto un ruolo importante (5.000 tra sacerdoti e suore hanno fatto campagna porta a porta per il no). Anche il Papa, nella visita dell'anno scorso, disse ai maltesi: «La vostra nazione dovrebbe continuare a schierarsi per l'indissolubilità del matrimonio». Nessuna sorpresa. Se non lo dice lui chi deve dirlo? Meno scontata la riflessione di Pullicino su una delle ragioni che renderebbero ostica la possibilità del divorzio (e dunque di un nuovo matrimonio) a molti maschi (solo maltesi?). «Nel fronte del no ci sono persone separate che hanno un'altra relazione, magari con figli. E continuano a preferire lo status quo, perché questo gli permette di scaricare la compagna senza troppi problemi».
Questione di maschilismo, più che battaglia ideale? Il 30% dei matrimoni a Malta non dura (22% di separazioni, 8% di annullamenti da tribunali ecclesiastici). Il 30% dei figli, di fatto, cresce fuori dal matrimonio. La scelta sul divorzio ha diviso i maltesi, pur senza scaldarli: il referendum sull'entrata nell'Unione Europea nel 2003 ebbe un'affluenza del 91%. Ci sarebbe anche la questione immigrati (i richiedenti asilo sono detenuti per 18 mesi). Ma su questo la solidale, cattolicissima Malta non ci sente proprio.
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