
Un fatto non è negabile: l'incremento nella diffusione dell'antipolitica ha determinato il successo di popolarità di Giorgio Napolitano e, insieme, l'attuale luna di miele di Mario Monti. La disaffezione verso il mondo politico non è di oggi (c'è stato perfino chi è andato un po' avventurosamente a cercarla nella destra storica), perché dall'Uomo qualunque alla Lega, dai grillini a coloro che a volta a volta potevano apparire estranei al «teatrino della politica» (i radicali, per esempio), sono stati numerosi i movimenti che se ne sono avvantaggiati.
Oggi, è l'astensionismo a fruirne: sia nei risultati elettorali degli ultimi anni, sia nei sondaggi. Il fenomeno non è solo italiano, visto che alle elezioni spagnole astensioni, bianche e nulle hanno toccato il 31%, con un +3 rispetto alle politiche di tre anni addietro. Ovviamente il palazzo non capisce questo diffuso stato d'animo, come dimostrano le ritrosie (che sovente si traducono in opposizione) a sopprimere i vitalizi dei parlamentari e a ridurre i privilegi della casta, dizione che gli interessati denunciano come orripilante, ancora una volta dimostrando i propri pesanti limiti di comprensione.
Sull'antipolitica veleggia l'attuale benevolenza rivolta verso il governo dei tecnici, nonostante questi ministri siano al lavoro per aumentare l'aliquota inferiore dell'Iva, reintrodurre l'Ici sulla prima casa, incrementare le rendite catastali a livelli inimmaginabili, stabilire un'altra patrimoniale (già ne esistono non poche). I giornali discettano morbosamente su dove sia meglio incidere con incrementi fiscali, senza che si registri quella reazione popolare che sarebbe altrimenti pensabile. Difficile prevedere se questo clima duri a lungo. Però, l'antipolitica è così penetrata nella società da permettere a supposti uomini non politici azioni che ai politici non sarebbe nemmeno consentito proporre.
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