
Da tempo sono convinto che esistano due strategie fondamentali per affrontare il cambiamento del clima: la strategia del "Giorno della Terra" e la strategia della "Corsa alla Terra". Il summit sul clima di Copenaghen si basava sulla prima strategia, ma non è stato granché appassionante: gli unici successi della conferenza sono una serie di compromessi modesti, condizionati, confusi, e oltretutto non siamo assolutamente sicuri che potranno avvicinarci a frenare il cambiamento del clima alla velocità e nell´estensione che si rendono ormai assolutamente necessarie.
In realtà, a chiunque abbia avuto modo di osservare in quale modo caotico sia stata "organizzata" questa conferenza e abbia seguito gli alterchi e i diverbi tra i delegati con i quali si è conclusa, dovrebbe tornare naturale chiedersi se questo processo delle Nazioni Unite che da 17 anni cerca di mettere insieme un sistema globale col quale provare a invertire il riscaldamento del pianeta non sia imperfetto. Troppi Paesi (192) e troppe parti che cambiano opinione di continuo. Riparto da Copenaghen più che mai convinto che l´America farebbe meglio a concentrarsi sulla propria Corsa alla Terra. Lasciate che ve la spieghi.
Stando alla strategia del "Giorno della Terra", la più grossa minaccia per il genere umano sarebbe il cambiamento del clima e noi, comunità globale, dovremmo darci una mano e affrontare questo problema con un meccanismo comune e globale che consenta di codificare e verificare le emissioni di diossido di carbonio di ciascuno e le relative riduzioni, destinando al contempo tecnologie pulite del valore di svariati miliardi di dollari ai Paesi in via di sviluppo, per aiutarli a entrare anch´essi in questo medesimo processo.
Come il presidente brasiliano Lula ha fatto notare alla conferenza, però, la strategia del "Giorno della Terra" potrà funzionare "soltanto se i Paesi si assumeranno la responsabilità di rispettare i propri obiettivi" e se "le nazioni ricche aiuteranno concretamente quelle povere a dotarsi di fonti energetiche pulite".
Tutto ciò non può aver luogo in modo adeguato, nell´attuale clima economico globale. L´unico modo col quale ciò potrebbe aver luogo è se ci trovassimo in una "tempesta perfetta", una tempesta sufficientemente grande da porre fine una volta per tutte al dibattito sul riscaldamento globale, ma non così grande da porre fine alla vita sulla Terra.
Non essendoci però una tempesta del genere, in grado di recapitare dritto dritto nelle case di tutti coloro che ancora dubitano il messaggio inequivocabile che il cambiamento del clima è catastrofico ed è un pericolo evidente e presente, le pressioni interne per eludere riduzioni di anidride carbonica vincolanti e verificabili resteranno sempre forti in ogni Paese.
Tutto ciò sta forse a significare che la strategia del "Giorno della Terra" è da buttare via completamente? No. Le acquisizioni scientifiche sul clima alle quali l´intero processo delle Nazioni Unite ha dato vita e l´incentivo a passare all´azione che ha fornito sono preziosi. Il meccanismo che questa conferenza ha messo in atto per consentire ai Paesi sviluppati e alle aziende di controbilanciare le loro emissioni finanziando la protezione delle foreste pluviali tropicali si rivelerà estremamente prezioso, se funziona.
Io resto nondimeno più propenso per la strategia della "Corsa alla Terra". Credo infatti che scongiurare un cambiamento climatico potenzialmente catastrofico sia un problema di immane portata. L´unico motore sufficientemente grande da poter avere un impatto decisivo su Madre Natura è Padre Desiderio Smodato: il Mercato. Soltanto un mercato che sia improntato a regolamenti e incentivi studiati per stimolare un´innovazione massiccia in fonti energetiche pulite e senza emissioni potrà fare la differenza sul riscaldamento globale. E nessun mercato potrà farlo meglio di quello americano.
Ne consegue che scopo di chi si iscrive alla "Corsa alla Terra" è impegnarsi affinché il Senato degli Stati Uniti approvi una legge sull´energia, che dia all´anidride carbonica un prezzo a lungo termine tale da spronare davvero l´America a diventare il leader mondiale in fatto di clean-tech, le tecnologie pulite. Se noi dessimo l´esempio, insomma, molte più persone lo seguirebbero in virtù dell´emulazione e non di un obbligo previsto da un trattato delle Nazioni Unite.
Forse la cosa migliore che il presidente Barack Obama avrebbe potuto fare qui a Copenaghen sarebbe stato dichiarare senza mezzi termini che l´America intende vincere questa corsa. Nel suo discorso gli sarebbe bastato guardare il primo ministro cinese dritto negli occhi e dire: «Farò in modo che il nostro Senato approvi la legge sull´energia e dia un prezzo all´anidride carbonica così da battervi sul tempo in fatto di tecnologie pulite. I giochi sono aperti».
Poiché già una volta l´America ha sfidato la Cina, la Cina l´Europa, l´Europa il Giappone, il Giappone il Brasile, potremmo far impennare il diagramma della produzione di articoli innovativi e ridurre i costi delle auto elettriche, delle batterie, dell´energia solare ed eolica, così che questi non siano più prodotti di lusso destinati in esclusiva alle nazioni più ricche, ma beni di consumo che il Terzo Mondo può utilizzare e perfino produrre.
Se si inizia a parlarne a partire dalla parola "clima" forse sottoscriverà un impegno ad agire la metà dell´America. Ma se si inizia a parlarne dando vita a un´"industria del tutto nuova", tale da renderci più indipendenti dal punto di vista energetico, più prosperi, più sicuri, più innovativi, più rispettati, sarà l´intero Paese a far propri questi obiettivi.
Una Corsa alla Terra guidata dall´America è un modo di gran lunga più sostenibile di ridurre le emissioni di diossido di carbonio che sottoscrivere una conferenza delle Nazioni Unite alcuni impegni puramente volontari e non vincolanti. Lasciamo dunque che la Corsa alla Terra abbia inizio!
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