
«Credevi di sapere tutto? Solo Dio sa tutto e lavora per il Mossad», dice John Le Carré nel "Giardiniere tenace". Questa è la realtà del romanzo: l'altra, quella vera, è più banale. Con nomi, cognomi, nazionalità, foto e carte di credito, la polizia di Dubai (in fondo non l'Intelligente Service) ha scoperto altri 15 probabili agenti israeliani. Quello che ha pianificato ed eseguito l'esecuzione di Mahmud al-Mabhouh non era un commando ma una comitiva. I primi presunti
agenti israeliani erano già 11, con passaporti falsi inglesi, irlandesi, francesi e tedeschi. Al gruppo si sono aggiunti altri sei inglesi, tre irlandesi, tre francesi e tre australiani. Di tutti, dice la polizia
dell'emirato del Golfo, «i passaporti erano stati rilasciati in modo illegale e fraudolento». Nessuno dei nomi indicati nei documenti corrisponde ai volti ritratti nelle foto. Il comportamento «profondamente antipatico» di usare passaporti di paesi amici, già manifestato qualche giorno fa dai ministri degli Esteri Ue, ora ha ancora più ragione di essere denunciato. Gli israeliani continuano a negare ogni coinvolgimento. «Un terrorista morto è una buona notizia», si è limitata a commentare Tzipi Livni, leader dell'opposizione. Ma non è questo il punto della vicenda. Nella logica degli stati, dell'interesse nazionale", l'eliminazione dell'uomo di Hamas poteva anche giustificare l`imbarazzo degli amici. Al-Mabhouh si occupava di "acquisizioní": comprava al mercato nero internazionale le armi per rinforzare l`arsenale del movimento islamico a Gaza. Ma l'imbarazzo rischia di trasformarsi in qualcosa di politicamente più consistente. E in ogni caso un'operazione così pletorica con così tanti agenti ormai bruciati (la polizia di Dubai ha anche rintracciato 13 carte di credito) testimonia un'insospettabile inefficienza.
La storia del Mossad è invece fatta anche di fallimenti monumentali e di grandi imbarazzi per
tutti. In alcuni casi gli amici sono stati involontariamente coinvolti conmorti e feriti, non solo con passaporti falsi. In questi giorni esce nelle librerie italiane "Mossadbase Italia" di Eric Salerno. L'autore racconta le operazioni compiute nel nostro paese dai servizi israeliani:
dal trasferimento clandestino dei profughi ebrei verso la Palestina alla fine degli anni 4o; ai sabotaggi nei nostri porti delle navi che trasportavano armamenti per i paesi arabi; alle vendette di "Munich"; alla sorda lotta con gli agenti palestinesi dell'Olp; ai legami oscuri e inquietanti del terrorismo rosso e nero con il Mossad. «Per anni - scrive Salerno - i servizi segreti e i nostri governanti, per salvaguardare la penisola (ma anche per badare ai propri interessi economici) sono rimasti in equilibrio fra arabi e israeliani». Ma non sempre: l'equidistanza non è riuscita a impedire che in Italia venissero eseguite alcune delle più sanguinose operazioni all`estero del terrorismo palestinese e del controterrorismo israeliano.
Finora la polizia di Dubai è riuscita a fermare solo due palestinesi, sospettati di aver fatto da quinta colonna agli israeliani. Tutti i presunti 26 agenti israeliani sono invece riusciti a fuggire: due hanno lasciato Dubai in nave, diretti in Iran. Il capo della polizia dell'emirato è convinto che, senza qualche gola profonda dentro Hamas, la pur caotica missione del Mossad non avrebbe raggiunto il suo obiettivo. Anche il movimento islamico a Gaza sta indagando. La verità circostanziata si saprà solo quando un ex agente bisognoso di denaro scriverà le sue memorie. Non c'è servizio segreto che si possa difendere da questa debolezza umana.
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