
Domenica scorsa il quotidiano della Cei Avvenire ha reso note le sue ingerenze per le prossime Comunali di Roma, in un editoriale dove le donne figurano solo due volte: per legarle in matrimonio a un uomo e per sottolineare il loro unico motivo di esistere, la maternità. Per il resto è tutto un "uomo" e "vita umana", declinati soavemente per dire no alle coppie di fatto, soprattutto se dello stesso sesso, no ai testamenti biologici, no all'aborto. Fin qui niente di nuovo: da un gruppo di potere monosessuale, celibe e sterile, che si vanta di "plasmare il volto e l'identità della nostra città", non ci si può aspettare altro. Se non il silenzio.
Ciò che diventa davvero intollerabile è la dichiarazione successiva di Alemanno, che si permette di affermare di aver già esaudito in anticipo i diktat dei prelati: impedendo, in violazione dello statuto comunale, persino la discussione nell'Aula capitolina delle delibere portate dai Radicali sui registri di coppie di fatto e testamenti biologici. In una città laica dovrebbe essere grave e punibile, questa ammissione di colpa del sindaco (davvero) uscente, che per far contento uno Stato straniero, ha fatto carta straccia delle migliaia e migliaia di romani che hanno firmato quelle delibere, gettandole invece nei cestini comunali della sua Roma genuflessa al Vaticano e impunita dallo Stato italiano.
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