
È dal 1995 che i referendum non raggiungono il quorum: fino ad allora votare era considerato un dovere, si trattasse di elezioni politiche, amministrative, europee. Oppure, appunto, di referendum. D'altronde, le organizzazioni hanno perduto capacità di mobilitare. Mentre il radicamento sociale dei partiti è debole. E il voto non è più un'obbligazione, per i cittadini. Nei referendum, oggi, il non-voto tattico si somma a quello per disinteresse. Eppure, nonostante tutto ciò, questa volta il quorum è possibile. Nonostante il silenzio dei media, l'impotenza (e la resistenza) delle grandi organizzazioni e dei partiti. Nonostante il non-voto dichiarato degli uomini di governo. Perché dietro a questi referendum c'è un movimento poco visibile, frammentato. Ma diffuso. La cui voce echeggia in mille piccole manifestazioni, nei mille piccoli luoghi di vita quotidiana. Attraverso la rete. Ha re-imposto parole in disuso, impopolari fino a ieri. Su tutte: il bene comune. Così tutti oggi sanno dei referendum. Anche se questo movimento molecolare sembra invisibile. Perché gli occhiali con cui guardiamo la società e la politica non riescono a vederlo.
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