
Il premier in versione "motivatore" va a rianimare il gruppo del Pdl alla Camera. «Io ci credo, ci credo ancora...», sprona Berlusconi con a fianco Angelino Alfano. Obiettivo 2013, da raggiungere «ventre a terra», senza azzardare nemmeno «un minuto di assenza in Aula». Ma c'è anche una tappa intermedia che il Cavaliere non nasconde più: «Andiamo avanti fino a dicembre. Poi da gennaio, quando le elezioni anticipate non saranno più un rischio, faremo riforme straordinarie». Una sorta di patto che si potrebbe tradurre così: voi state buoni e in trincea due mesi, poi quando sarà impossibile fare esecutivi tecnici ci giochiamo tutto.
Per dare peso specifico alla sua strategia in serata muove un passo a sorpresa: a palazzo Grazioli si presenta Marco Pannella con una pattuglia di tre radicali, tra i quali la deputata in quota Pd Rita Bernardini. Un summit che arriva a una settimana dal voto di fiducia che ha visto litigare democratici e radicali. Pannella, è noto, cerca sponde per incassare l'amnistia. Sinora l'esecutivo ha nicchiato ma senza chiudere la porta. Ora il forte desiderio di non chiudere la legislatura potrebbe indurre il premier a concedere misure per le carceri, sperando in una "non ostilità" in Aula. Ai deputati, invece, il premier promette di modificare la legge elettorale prima del referendum e di «cambiare il panorama dell'attuale televisione, perché alcune trasmissioni sono allucinanti». I suoi applaudono più volte.
Ma il premier deve dare assicurazioni politiche, e lo sa. Quando va sui contenuti, però, non convince: «Sullo sviluppo non faremo un decreto, ma trenta provvedimenti, a partire dalla sburocratizzazione». Per il premier è una nota di merito, i deputati vi intravedono invece un arretramento sulle posizioni di Tremonti. Il Cavaliere è consapevole che la truppa considera il titolare del Tesoro il nemico numero uno, e si lascia andare ad uno sfogo: «Non ho poteri, non posso dimissionare ministri che mi ridono in faccia...».
Non pervenute intercettazioni e processo breve, a dimostrazione che nel breve termine occorrerà evitare passaggi parlamentari insidiosi. «Dobbiamo essere uniti» è il mantra del Cavaliere. Ma non è colpa dei deputati se da Palazzo Grazioli escono voci su una presunta lista "Forza Silvio" con conseguente smembramento del Pdl. «Sono notizie false», chiude Berlusconi. Ma attenzione: «L'acronimo Pdl non comunica niente, non emoziona, non commuove. Dobbiamo cambiare nome con largo anticipo rispetto alle elezioni del 2013». Poi inizia lo show. L'istrione si impossessa del premier. «Mi accusano di tutto, tranne che di essere gay», è l'esordio che gli scaraventa addosso dure critiche delle opposizioni. «Lunga vita a Beppe Grillo», ammicca rileggendo in chiave ironica la sconfitta del centrosinistra in Molise. Poi la lezione di comunicazione: «Anch'io ho sbagliato ultimamente. Però voi dovete fare alcune cose in tv: quando l'opposizione parla dovete scuotere la testa. E non dovete sembrare attenti a quello che dicono». Sono passati novanta minuti. E sul finire Silvio cerca la spinta per i supplementari: «Io ci credo, nel 2013 vinceremo». I sondaggi sostengono il suo ottimismo: «Siamo al 27 per cento, c'è un 40 per cento di indecisi, il centrosinistra è quattro punti sotto, e Casini sa che se va con loro perde due terzi di elettori...».
© 2011 Avvenire. Tutti i diritti riservati