
24/03/11
la Repubblica
L'intesa bipartisan è fallita a un passo dal traguardo. Il "sì" all'intervento militare dell'Italia in Libia è passato al primo round del Senato (oggi il voto alla Camera) dopo cinque diverse votazioni, cinque le risoluzioni depositate (una di Pdl-Lega, quattro dalle opposizioni), un tentativo del governo di mettere fuorigioco il documento del Pd (facendolo proprio) e un altro della capogruppo democratica, Anna Finocchiaro di azzerare tutti i "distinguo", stringendo all'angolo la Lega e votando un sì semplice e unanime alla relazione del ministro Frattini. Passa infine il documento Pdl-Lega (156 sì e 5 astenuti) e i Democratici e le altre opposizioni non partecipano al voto; così come il Pdl non partecipa al voto della risoluzione del Pd che ha l'ok con 127 sì. E a ogni voto si va in ordine sparso. Respinte le risoluzioni di Idv, Terzo Polo, Radicali. Berlusconi fa sapere di essere «deluso» dall'opposizione; Finocchiaro reagisce: «Accuse inaccettabili».
Il capo della Farnesina, Frattini ha aperto il dibattito (poi è intervenuto il ministro della Difesa, La Russa) dichiarando che per l'Italia «non si tratta di fare la guerra, ma di impedire la guerra e le sue nefaste conseguenze». Ha ammesso che il governo italiano aveva sperato «in un primo momento» che Gheddafi scegliesse la via dell'esilio. E che però «l'unica precondizione» posta oggi dalla comunità internazionale è che «il colonnello Gheddafi lasci il potere». Ha giudicato «poco realistico che alla fine Gheddafi prevalga». Ha ribadito la necessità del comando unificato della Nato perché «l'Italia vuole evitare il rischio di essere corresponsabile di azioni non volute»; ha annunciato il «congelamento come Italia di beni riconducibili al regime di Gheddafi per 6/7 miliardi di euro. E infine ha parlato dell'emergenza immigrati (15 mila da gennaio), così come chiesto dai leghisti. È la Lega infatti a tenere sotto scacco il Pdl e a spuntarla nella lunga risoluzione (9 punti) con cui la maggioranza si preoccupa soprattutto di bloccare l'arrivo di migranti con pattugliamenti del Mediterraneo e di tutelare le imprese che hanno interessi in quell'area. Una risoluzione che «serve a coprire la miseria e le divisioni del governo», attacca il segretario democratico, Pier Luigi Bersani, scorrendola durante il caminetto" dei leader del partito, prima che in Parlamento si avvii il confronto. Documento che «non si comprende né a Bengasi, né a Bruxelles, né a Washington», insiste. Perciò i Democratici dicono subito che voteranno contro il «pasticcio» di maggioranza e scelgono la strada di una risoluzione propria che si limita a riproporre quanto una settimana fa è stato votato in modo bipartisan dalle commisioni esteri difesa, ovvero l'appoggio alla risoluzione Onu 1973. Finocchiaro attacca: «La vostra risoluzione rafforza la maggioranza ma indebolisce l'Italia». Per accontentare il Carroccio - commenta Franco Marini - la maggioranza «ha pagato un prezzo di ambiguità, se lo paghino da soli». Durissimo è anche l'atto d'accusa del Terzo Polo. Barbara Contini, un lungo incarico in Iraq, senatrice finiana, denuncia «l'incapacità del governo, così si perde credibilità». Le opposizioni però non trovano una sola voce, ma presentano 4 diversi documenti che poi si votano a vicenda. Quello firmato dalla vice presidente del Senato e leader radicale, Emma Bonino è sottoscritto anche da democratici come Carofiglio, Sircana, Della Seta. Bonino incalza sulla sospensione formale del Trattato con la Libia, chiede di recepire le norme della Corte dell'Aja e che sia restituito alle parole il loro significato: «Stiamo parlando di sfollati, smettiamo di definirli clandestini. L'Italia deve sapere rispondere all'emergenza di 15 mila sfollati, se no che paese è?». Belisario (Idv) pone l'accento sull'assenza di Berlusconi in aula. Rutelli (Api) smaschera le bugie della maggioranza. I leghisti invece rincarano: «In politica estera serve meno altruismo», e Bricolo precisa: «Nei bar la gente è contraria». Il ministro La Russa rivendica «l'orgoglio di avere fatto il nostro dovere». Finisce con una bagarre mentre parla Gasparri. Due pacifisti del Pd (Vita e Nerozzi) non votano la risoluzione del loro gruppo.
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