
Al cuore non si telecomanda, nemmeno per legge. Sicché ieri sera è andata in scena in un palateatro bolognese la grande sagra della libertà di stampa negata. Officianti, da Michele Santoro in giù, fino a Floris e Gabanelli, passando per le solite voci sfiatate dello spettacolo satirico-canoro al servizio di un immaginario 1° maggio permanente. Il motivo di tanta protesta, ovviamente seguita passo passo dal grande riflettore telematico offerto dai primi quotidiani nazionali, sarebbe l’impossibilità di dedicare i rispettivi programmi d’informazione alle imminenti elezioni regionali. Insomma il meglio della tivù giornalisticamente corretta italiana ha celebrato la propria festante serrata con una litania falsamente funerea: volevamo parlarvi della Bonino e della Polverini, gli squadristi berlusconiani ce l’hanno impedito,
Di là dalla bugia grottesca propalata da chi, invece di fare informazione pre elettorale secondo i vincoli della legge, preferisce spettacolarizzarla in una mascherata snob (cioè senza alcuna nobiltà), è più interessante soffermarsi sulla singolarità tutta strapaesana dei nostri campioni televisivi in rivolta. Per esempio c’è questo dettaglio: chi faccia tivù sa bene che nella scelta e nella gestione dei tempi narrativi risiede metà dell’opra. Sbagliati quelli, fallito tutto. I teleprotestanti di ieri sera erano troppo introflessi nel proprio narcisismo provinciale per ricordarsene. Non sarà facile per loro, in effetti, ammettere che l’Aventino catodico delle ultime settimane - ripetiamolo: provocato dall’impossibilità di mettere in onda extra legem il pollaio delle regionali ha come conseguenza l’aver letteralmente bucato molte e ponderose questioni sulle quali si sarebbe potuta esercitare l’eccelsa e faziosa destrezza dei nostri rivoltosi. Andiamo a elencarne due o tre: la storica, controversa e non ancora scontata approvazione della riforma del sistema sanitario americano promossa dal presidente Barack Obama (rivoluzione copernicana?); l’epocale crisi di nervi e di coscienze che circonda la chiesa cattolica alle prese con l’ombra della pedofilia (che altro di più rilevante in queste ore?); la non remotissima eventualità che Eurolandia porti i libri in tribunale; ma perfino la vera o presunta rotta dei sarkozismo non meritava d’essere sacrificata al beppegrillismo bolognese in prime time.
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